giovedì 30 aprile 2009

sorry

Oltre ad essere un troglodita dell'inglese, sono anche poco esperto nel postare filmati (oppure dipende dalla "conformazione" del blog). Comunque, basta fare doppio clik sul filmato (che si vede solo per metà sulla pagina di winelovers) dopo vergli dato l'avvio, che si è subito reindirizzati alla visione ottimale del filmato stesso, "posizionato" su YouTube.
Chiedo ancora scusa per la deficienza tecnica.

La birra artigianale negli USA

Si ha spesso la percezione che negli USA tutto è più grande che da noi, tutto più "organizzato" e, dal punto di vista commerciale, i grossi gruppi industriali appaiono come vere e proprie macchine da guerra. Gli ultimi venti di crisi ci hanno invece dimostrato che l'equazione"più grosso = più solido" non sempre è valida. Anzi. Molti grandi gruppi industriali hanno rivelato di avere i piedi d'argilla, implodendo, in alcuni casi. Una conferma di questa "nuova regola", la si è avuta proprio dal mondo della produzione birraria negli USA: "piccolo è meglio", si potrebbe dire. Mentre i primi dieci marchi (della grande industria) hanno subito forti cali nelle vendite, i piccolissimi e i piccoli produttori indipendenti (affiliati alla Brewers Association) hanno continuato a rafforzarsi, guadagnando quote di mercato e attenzione da parte dei consumatori.
Dal 2007 al 2008 il giro d’affari legato alla birra artigianale negli USA è passato da 5,74 a 6,34 miliardi di dollari; nel 2008 sono stati venduti quasi 500,000 barili in più di birra artigianale rispetto al 2007, una quota impressionante. Dal 2007 al 2008, è sempre la Brewers Association che lo certifica, la birra artigianale in America è cresciuta del 5,8% in volume e del 10,5% in dollari. Che dire, siamo contenti per loro, ma soprattutto sarebbe utile che tutto il mondo della produzione artigianale italiana guardasse con molta più attenzione a questo fenomeno, cogliendone gli aspetti più importanti. Lo spiega molto bene il video che si può vedere qui di seguito, un video collaborativo, creato da Greg Kock, del birrificio Stone (uno dei più noti birrifici artigianali in USA) con la collaborazione di 35 suoi "illustri" colleghi, che rende perfettamente in immagini il cameratismo, il carattere e l’integrità del movimento birrario artigianale degli Stati Uniti.

Da questo video è evidente l’idea (e non più utopia), da sempre affascinante, che piccole realtà che iniziano a collaborare e ad allearsi fra loro possono sconfiggere i "giganti", spesso con i piedi d'argilla, attraverso un nuovo modello produttivo, incentrato sulla qualità. Spesso nel filmato ritornano concetti come collaborazione, cameratismo, partecipazione collettiva; negli USA è veramente così, nel mondo della birra artigianale. Purtroppo la stessa cosa non si può dire per l'Italia. L'importante sarebbe porselo almeno come obiettivo, visto che gli americani dimostrano che "si può fare".
E' in inglese, ma anche per i trogloditi della padronanza delle lingue come me è di facile comprensione. E poi è bello, veramente bello, ben fatto e ben curato. Vederlo fa piacere, che piaccia la birra o no (la splendida colonna sonora è dei Sigur Ros, una vera e propria chicca).

Coldiretti, risponde un produttore

Invece di inserirlo come commento ritengo giusto, vista la fonte, fare un nuovo post.
In merito al post LA FILIERA CORTA DEL VINO, Giampaolo Paglia, vignaiolo e produttore di Poggio Argentiera, ci scrive:
"Personalmente trovo che la Coldiretti non perda mai occasione di fare battaglie populistiche allo scopo di far presa alla pancia delle gente.Non a caso si riporta come esempio il ristorante che fa il 300% di ricarico - una rarita' in Italia, dove tutti in genere fanno molto meno, una cosa normale in quasi tutti i paesi esteri - mentre per l'enotecario che ricarica il 40% dovendo pagare affitto, utenze, stipendi, magazzino, ecc., non potendo qui farlo figuare come un aguzzino si dice semplicemente che e' troppo caro per un popolo che e' stanco di pagare il dazio!Non si capisce perche' chi vende pantaloni e magliette, con ricarichi del 100-200%, non sia un esattore di dazio, mentre l'enotecario invece si.E che succede quando uno va al ristorante e vuol bersi una bottigia di vino, deve prima passare dall'azienda a comprarsi un paio di cartoni? Oppure se sei a Firenze ed hai voglia di berti un Gewurtztraminer, fai un salto in Val d'Isarco prima di andare a cena?Certamente la vendita in azienda ha un senso, ma voler far passare da ladri due intere categorie di commercianti ed artigiani responsabili solo di voler fare il loro lavoro con onesta' e dignita', non serve a nulla e a nessuno, in primis alle aziende stesse.
Creare queste dicotomie tra produttori - il contadino buono - e i commercianti - per definizione disonesti e aguzzini - mi sembra un modo triviale di cavalcare una battaglia in nome della "ggente". La filiera corta puo' avere ed ha un valore, ma non va contrapposta al commercio e al mercato, anche esso un valore ed un servizio per le aziende, che non possono certamente vendere tutte e tutta la loro produzione in cantina, e per il consumatore che non deve certo costringersi a fare centinaia di chilometri con la macchina per gustarsi del buon vino. Io trovo assolutamente scandalosa una campagna di questo genere, che non esiterei a chiamare diffamatoria."

Lo ringrazio per il contributo e mi riservo di scrivere anche io due righe in tema.

La filiera corta del vino



Leggendo quà e là mi sono imbattuto in questo interessante post scritto da Fabrizio Ianniello un appassionato di enogastromia marchigiano che mette in risalto la filiera corta del vino. Non me ne vogliano enoteche e ristoranti ma, anche se è ormai la storia più vecchia del mondo, è sempre interessante per l'appassionato consumatore.


Fabrizio scrive: " I consumatori sono stufi di spendere cifre improponibili e fuori logica e vanno direttamente dal produttore, dove possono visitare l'azienda, assaggiare il vino, chiacchierare con chi lavora in cantina per poi scegliere. Come si faceva 30 anni fa. Questo non è regresso, contrazione dei consumi. Ma intelligenza e saggezza.
A stigmatizzare questo mutamento di costume arriva la Coldiretti la quale ci informa che: se in generale i con­sumi tengono a contrarsi, la vendita diretta nelle cantine sta invece conoscendo un mo­mento d’oro.
Nel 2008 questo tipo di commercializzazione è aumentato del 20% rispetto all’anno precedente, raggiun­gendo il valore di 1,2 miliardi di euro. Segno inequivocabile che la ricerca del miglior prez­zo è diventata un’autentica priorità per gli appassionati. Oggi le aziende che aprono le porte ai consumatori sono 21.400 su tutto il terriorio na­zionale e contribuiscono a far crescere l’enoturismo, settore praticato da 6,5 milioni di ita­liani e che produce un volu­me di affari di circa 2,5 miliar­di di euro.

"Acquistare direttamente in cantina significa combattere la bolla speculativa sui prezzi ed è - precisa la Coldiretti - una opportunità per i consumatori che possono così risparmiare e garantirsi acquisti sicuri e di qualità, ma anche una occasione per le imprese agricole che possono vendere senza intermediazioni e far conoscere direttamente le caratteristiche e il lavoro necessario per realizzare una specialità territoriale unica ed inimitabile. Il vino - sottolinea la Coldiretti - è oggi il prodotto più commercializzato dalle aziende agricole impegnate in Italia nella vendita diretta e supera abbondantemente ortofrutta, olio, carni e derivati e formaggi che seguono a distanza".

La ragione di questa nuova tendenza secondo me va ricercata nei ricarichi applicati al vino dalla catena distributiva che nei ristoranti è circa il 300% (un vero furto!!) ed in enoteca oltre il 40%. Un po' troppo forse per un popolo che ha il vino del sangue e che a quanto sembra si è stancato di pagare dazio a tutti. Quindi gli italiani fanno come 30 anni orsono: vanno in campagna e comprano direttamente dal produttore. C'è una differenza però: prima si tornava con la macchina piena di damigiane, oggi invece si torna con le bottiglie belle e pulite. Etichettate a dovere, in modo da poterle mettere in tavola senza aver paura di essere tacciati da amici e commensali, di avere il braccino corto o peggio ancora non saper scegliere un vino.

Le Terre Nere di Sicilia



Dagli assaggi al corso una segnalazione di un buon vino.

E' l' Etna Rosso 2007 della tenuta Terre Nere.

E' un vino particolare proveniente appunto dalle "terre nere" sulle pendici dell'Etna con vigneti situati sui 700 m. di altitudine.

Chi è stato da quelle parti non può dimenticare l'effetto visivo di questi impianti su un terreno lavico scuro molto caratteristico. Una particolarità sugli impianti risalenti i più vecchi al 1927 e quà, come sul Vesuvio, troviamo impianti ad alberello pre-fillossera in quanto la compattezza del terreno e la natura lavica non permette a questo parassita di intaccare le radici.
Ha un colore rosso rubino non molto intenso, ma al naso esprime un'ottimo corredo olfattivo, dalla frutta a note etere o quantomeno minerali accompagnate da una speziatura piacevole.

In bocca è particolare, abbastanza equilibrato e sapido. Anche il retrogusto amarognolo, tipico dei vitigni che troviamo nei vini dell'Etna (nerello mascalese e nerello cappuccio) , è piacevole e non condiziona il gusto del vino lasciando un buon ricordo assieme alla salinità.

E' sicuramente un vino che esprime una personalità sua e al di fuori da un gusto omologato sin troppo frequente in questa regione. Il costo in enoteca è di 12,20 euro, quindi ritroviamo un buon rapporto qualità-prezzo. Da provare.

martedì 28 aprile 2009

La vite è bella


Questo 25 aprile, per me e mia moglie Maura è stato un giorno dedicato alla cultura, grazie a una nostra carissima amica, appassionata di arte e musei. Obiettivo i Della Robbia e le ceramiche invetriate, invenzione del geniale Luca. Una mostra rivelatasi piuttosto scarna ma, per gli appassionati del genere, di sicuro interesse.
E obiettivo Arezzo, città che non avevo mai convenientemente esplorato. Alle 10 eccoci dunque nella città della Giostra del Saracino. Ecco la pieve di Santa Maria, con il suo intrigante campanile romanico detto delle 'cento buche', per le sue numerose bifore. Ecco l’imponente cattedrale gotica, con i giardini limitrofi che si affacciano sulle dolci colline circostanti. Ecco la chiesa di San Domenico col suo crocifisso del Cimabue. E la suggestiva Piazza Grande, teatro della Giostra, in restauro. C’è anche un itinerario dedicato ai luoghi dove in città è stato girato il film “La Vita è bella”, del Benigni nazionale, con tanto di scene con illustrazioni e dialoghi. Anche se non tutti lo sanno il “sommo”toscanaccio è nato in provincia di Arezzo, a Manciano la Misericordia per l'esattezza. Ottima idea l’itinerario: un film siffatto si merita questo e altro.
E accanto a Piazza Grande una trattoria, “La torre di Gnicche” apparentemente piuttosto anonima, selezionata dalla nostra attentissima guida di giornata.
Entriamo con fiducia. Le scelte dell’amica si sono sempre rivelate azzeccatissime e di ottimo gusto. Sorpresa! Il locale, assai carino all’interno, è letteralmente tappezzato di bottiglie. Do un occhiata. E poi un’altra. C’è di tutto. E quante chicche. Il Casanova dei Neri Cerretalto 1999, tanto per cominciare. E per continuare il Taurasi Macchia dei Goti del nostro tri-apprezzatissimo amico del Vinitaly, Antonio Caggiano, Foradori, il mio Teroldego preferito. Il vino delle miniere recensito a suo tempo da Stefano. E i “soliti” Grattamacco, Sassicaia, Ornellaia, Tignanello, tutti in diversi esemplari per giunta. E tanti bianchi e bollicine di qualità. Per me è il paese dei balocchi, sempre per restare in tema con Benigni e il suo Pinocchio. Ci sono anche diversi vini al bicchiere, a rotazione dice la guida Slow Food posta in bella vista sul bancone. La mia attenzione si posa su Mario Schiopetto, produttore del goriziano a me ignoto. Mi ispira, proviamolo. Anno 2002. Chardonnay e Tocai ad armi pari , affinato per il 60% in acciaio, 40% in legno per 9 mesi. Colore ambrato con riflessi dorati (proprio così, sembra un Sauternes). Servito forse un po’ troppo freddo, all‘ inizio i profumi sono contenuti, ma in bocca è già equilibrato e morbido, di carattere. Abbinato con una deliziosa zuppa di cipolle infornata non sovrasta e non cede il passo. Col passare dei minuti il bouquet si apre e si esprime al meglio con sentori di mela anzitutto, e poi pesca, vaniglia, banana, pasticceria e un tostato non invasivo.
Una bella scoperta insomma. Così come i dessert: spettacolosa la crostata di ricotta e pere ordinata dalle signore, validissimo il mio flan al cioccolato e mascarpone convenientemente abbinato con un barolino chinato niente male.
Uscendo dal locale anche il nostro stato d’animo era dei più Benigni: in certi momenti la vita(e) è proprio bella.

lunedì 27 aprile 2009

Il concorso letterario di Villa Petriolo

Si avvicina la scadenza e vi giro volentieri quanto ricevuto da Silvia Maestrelli curatrice del concorso:
 
 
Cari amici di Villa Petriolo, amanti del vino e delle parole che lo raccontano,
ci stiamo avvicinando alla scadenza del bando del terzo concorso di Villa Petriolo "S'io fossi...vino". In tanti state inviando i vostri bellissimi racconti, le fotografie, i video, regali preziosi di cui vi sono molto riconoscente.  Su DiVINando, come promesso, le prime pubblicazioni ai seguenti link:
http://divinando.blogspot.com/2009/04/contributi-multimediali-per-il-concorso.html
http://divinando.blogspot.com/2009/04/libera-creativita-per-sio-fossivino.html
http://divinando.blogspot.com/2009/03/nel-bosco-eliceo.html
http://divinando.blogspot.com/2009/02/le-prime-creazioni-multimediali-per-sio.html

Appena ieri ho avuto il piacere di festeggiare i primi 100 di voi che hanno partecipato al nostro gioco, immaginandosi vino: http://divinando.blogspot.com/2009/04/la-carica-dei-100.html. E già oggi siete molti, molti di più, grazie! Un ringraziamento speciale a chi, poi, ci segue dalla prima edizione: avete contribuito a rendere viva la conversazione, amabile, sui temi del vino, proprio come ci auguravamo. La competizione continua, poiché di questo si tratta, di un concorso, ma le vostre parole, tutte, arricchiscono la nostra piccola iniziativa di un valore che da soli non avremmo saputo mai evocare. Grazie infinite a ciascuno di voi, uno per uno.
C'è tempo sino al 30 aprile per ultimare il labor limae...vi aspetto!
Silvia Maestrelli

domenica 26 aprile 2009

La rivoluzione delle denominazioni

Visto la giornata uggiosa, stavo leggendo su rivista di settore, intervista al neo Presidente del Comitato nazionale Vini, comitato ministeriale, l’enologo e biologo piemontese Giuseppe Martelli, ex direttore generale di Assoenologi, scelto direttamente dal Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Luca Zaia.
Nell’articolo si parla soprattutto della nuova normativa nazionale che, omologandosi alle nuove disposizioni europee, prevede dal 1° Agosto 2009 una revisione, anzi, parole dell’intervistato, una vera e propria rivoluzione sulle denominazioni di origine. In pratica tutte le attuali Doc e Docg confluiranno nelle Dop e le Igt diventeranno Igp. Cambieranno anche le procedure per la richiesta e la concessone o il rigetto della denominazione. Cambieranno anche i soggetti che faranno tali richieste che potranno essere anche associazione di produttori o anche addirittura singoli produttori e non più, come oggi, le Regioni o le organizzazioni di categoria. Verranno delimitate le zone di vinificazione per le Igt su cui verranno istituiti controlli organolettici.
Le attuali igt, doc e docg saranno automaticamente riconosciute dalla Commissione UE fin dal 1° Agosto 2009 ma entro il 31/12/2011 tutti gli Stati Membri dovranno ripresentare alla Commissione Europea tutti i disciplinari delle varie denominazioni e la Commissione esaminerà tutto quanto ed entro il 31/12/2014 avrà tempo per deciderne l’approvazione o l’eventuale cancellazione. Anche tutte le dop ed igp comunicate dopo il 01/08/09 dal Ministero, a seguito di approvazione del Comitato nazionale vini, saranno iscritte nelle registro della Commissione.
Alcune delle 347 denominazioni di origine sfruttano pochissimo la propria capacità produttiva:
90 sfruttano meno del 50%, 28 meno del 20%, 14 sotto il 5% e 7 addirittura sembra non abbiano mai fato uscire una bottiglia (sempre riprendendo le parole del Presidente).
Queste, poiché non sono “rivendicate”, saranno moto probabilmente eliminate.
Martelli definisce la nuova disposizione come un grande pasticcio per l’Italia ma che ormai i giochi sono fatti ed è inutile recriminare. Personalmente da consumatore attendo prima di esprimere opinioni o giudizi.
Le nuove normative, soprattutto sulla carta, prima dell'attuazione pratica lasciano sempre un po’ perplessi, ancor di più quando vengono da Commissioni di stati, la maggioranza dei quali non hanno storia, tradizioni o cultura del mondo del vino….
La nuova normativa sulle denominazioni però non è altro che un capitolo della riforma generale dell' ocm (organizzazione comune di mercato) vino - che investirà l’intero settore vitivinicolo e che riguarderanno (anche se le Commissioni sono ancora al lavoro e quindi niente ancora di definitivo) diritti d’impianto, estirpazione, pratiche enologiche, norme di etichettatura, zuccheraggio, utilizzo dei mosti etc..
Qualche cenno lo possiamo reperire in rete, da varie fonti come ad esempio qui:
http://ec.europa.eu/agriculture/capreform/wine/index_it.htm
Anche qui difficile farsi un opinione, attendiamo e vediamo cosa succede.
Per chi volesse leggersi l’intervista integrale a Giuseppe Martelli può sfogliare la rivista qui, alle pagine 14-15:
http://issuu.com/gipi/docs/il_sommelier_marzo_aprile_2009
Al di là delle mie impressioni di consumatore e appassionato sarei curioso di conoscere anche i le opinioni di operatori del settore e soprattutto produttori…
Ciao
Stefano

sabato 25 aprile 2009

Pasqua con i Matti

Un villaggio, Esen, che contava 1856 abitanti all’ultima rilevazione, vicino Diksmuide nelle Fiandre dell’Ovest. Cosa potrà mai venire di buono da un posto apparentemente così sperduto? Dal punto di vista birrario il paesino è proprio al centro del mondo birraio: lì vi brilla una delle stelle più fulgide dell’intera produzione mondiale di qualità. Lì ci stanno i “birrai matti”, ovvero i De Dolle Brouwers (http://www.dedollebrouwers.be/), i tre fratelli Herteleer che nel 1980 hanno scongiurato la chiusura di una brasserie locale, la Costenble, fondata da un medico nel 1840 e poi rilevata dalla famiglia Costenable nel 1882 alla morte del fondatore. Lavorando solo nei fine settimana e producendo birra solo in quantità limitata, hanno rinnovato la fabbrica e si sono specializzati in birre forti ad alta fermentazione maturate in bottiglia. Le loro sette birre attualmente in produzione sono stabilmente fra i primi posti di qualsiasi classifica redatta da qualunque esperto/amante birraio: sono un vero e proprio oggetto di venerazione. Ad oggi uno dei tre fratelli fa il medico per “Medici senza frontiere” e uno fa l’architetto: la brouwerij è quindi mandata avanti attualmente solo dal terzo fratello, Kris, conosciuto anche perché porta sempre dei particolarissimi farfallini che si possono ritrovare sul collo delle bottiglie di tutte le sue produzioni, da sua moglie Els de Muelenaere e dalla mitica mamma di lui, che all’età di 85 anni e passa guida ancora le comitive dei birrofili in visita alla brouwerij. “Birrai matti”: è ciò che disse di loro il consulente finanziario a cui presentarono il progetto di acquisizione e ristrutturazione della antica brasserie Costenable che intendevano rilevare. Quando si dice la “sana follia”: non si sono limitati alla constatazione di una realtà problematica, ma hanno avuto il coraggio (o la follia) di guardare, e vedere, molto più lontano. E ci hanno azzeccato in pieno, facendo il pieno di premi.
Perché “Pasqua con i matti”? Seppur con una settimana di ritardo (è sempre più complicato avere a che fare con gli autotrasportatori, non consegnano quasi mai quando dovrebbero), sono riuscito a “santificare” la ricorrenza con uno dei prodotti migliori dei De Dolle, la loro Easter beer BOSKEUN. Che tecnicamente sarebbe una saison, cioè una birra stagionale, ma in questo caso è la punta di diamante della tradizione nordeuropea che consiste nel fare birre particolari per particolari periodi dell’anno. Esistono le birre di Natale (Christmas beer), forse la categoria di birre più famose, che ha visto il suo nascere in Belgio per poi prendere campo in più di un paese. Esistono poi le Birre di Quaresima: a Monaco e dintorni il periodo di Quaresima, birristicamente parlando, viene definito “la quinta stagione“: in questo particolare momento dell’anno, infatti, i monaci erano soliti preparare birre molto nutrienti - e strong,il famoso “pane liquido” - per affrontare con più coraggio il digiuno quaresimale (la più famosa è la Salvator della Paulaner). Sempre in Germania ancora oggi l’antico birrificio Schlenkerla di Bamberga (http://www.schlenkerla.de/rauchbier/beschreibungi.html) produce uan Festenbier che si può bere solo in Quaresima, dal Mercoledi delle Ceneri fino alla Pasqua successiva. Si arriva poi alle birre di Pasqua, “nate” per celebrare, dopo un inverno solitamente lungo e rigido (si parla sempre dle Nord Europa), l’arrivo della bella stagione e del sole. Sono, le birre di Pasqua, quasi tutte bionde, non a caso, dalla robusta gradazione (l’ultima botta di calore prima del calore vero del sole) e molto ricche di gusto. La Boskeun (che fra l’altro è il nick name di Jo, uno dei ri- fondatoridella De Dolle) è una delle “originali” birre pasquali del Belgio. Lo affermano con orgoglio i produttori sul proprio sito, ricordando anche, con estrema correttezza, che la Slaghmuylder (altra famosa brouwerij del Belgio) con la sua Paasbier è arrivata cronologicamente prima in questa “corsa alla primogenitura”. Questa birra, comunque, non è seconda a nessuna, è un prodotto fantastico, quasi mitologico. Malto pale, luppolo goldings, zucchero di canna durante la bollitura, miele nella fermentazione, rifermentata in bottiglia. Questa la carta d’identità ufficiale, ed è facile farla; più difficile descriverla compiutamente, data la sua ricchezza. Bel colore dorato carico, leggermente opalescente, schiuma cremosa ed imponente, che lascia però filtrare un naso ricchissimo ed elegante. La prima sensazione è lievito e crosta di pane, poi si inserisce un sottofondo rustico e leggermente terroso, una speziatura soffusa e diffusa, e il miele. Fresca già nell’aroma, la birra ha anche un gusto spledidamente fragrante. Nonostante i 9° va giù che è una bellezza, croccante e fragrante, leggermente rustica, mediamente robusta. Lascia il palato fresco e pulito, senza nessun sentore di ossidazione. Splendido, come il finale, corretto ed equilibrato. La birra del boskeun (in fiammingo boskeun è il nome di un piccolo scoiattolino che si risveglia a primavera, appunto) ha davvero lasciato il segno, aiutandomi a santificare la Pasqua come Dio comanda.

Terra di Prato - La filiera corta

Sabato scorso 18/4 a Prato dalle ore 8.00 ale 13.30 si è tenuto il primo appuntamento con Terra di Prato, mercato di prodotti ortofrutticoli e prodotti di vario genere.
Un esperimento di filiera corta come da più parti ormai auspicato, con vendita diretta quindi dal produttore al consumatore. Erano presenti, in Piazza del Mercato Nuovo, produttori della Val Bisenzio con prodotti tipici, vedi miele, e prodotti dei vari agriturismi sia Valbisenzio che Carmignano, due macellerie di Prato con salumi vari di propria produzione (mortadella di Prato in primis), produttori di biscotti, Vermouth di Prato, un produttore di Pienza di pecorino ed altri. Soprattutto era presente un mercatino ortofrutticolo della zona del Livornese, (Venturina), zona vocata per tali produzioni, che vendeva prodotti di stagione, dalle fave ai carciofi, dalle cipolline fresche agli asparagi, fragole, zucchini, ravanelli. La maggioranza dell’interesse dei consumatori era proprio per questo stand, mercatino letteralmente preso d’assalto ed anch’io mi sono infiltrato nell’acquisto.
Da commenti dei produttori e da quanto riportato poi sui quotidiani un po’ tutti si dicevano soddisfatti sia dalla location, vista la comodità e la capacità di parcheggio e, anche i produttori venuti da fuori provincia pronti a tornare soprattutto se le vendite della prima giornata si sono rilevate incoraggianti.
Dal punto di vista del consumatore direi interessante, soprattutto se i produttori, nello spirito per cui è nata la manifestazione, praticheranno prezzi scontati per vendita diretta senza passaggi intermedi.
Qui relativo articolo sul sito del Comune di Prato:
http://www.comune.prato.it/terradiprato/ e date dei successivi appuntamenti che si ripeteranno ogni terzo sabato del mese:
http://www.comune.prato.it/appuntamenti/?forward=rassegna&codicerassegna=TERPRA
Soprattutto i prossimi appuntamenti estivi con frutta e verdura di stagione si preannunciano interessanti.
Ciao
Stefano

venerdì 24 aprile 2009

L'AMARONE a cena



E arrivò la serata dell'amarone, vino amato da molti che merita di essere conosciuto meglio.
Fedeli alla nostra convinzione che "il vino esprime le caratteristiche e lo spirito del produttore" abbiamo quindi coinvolto in questa cena/degustazione un produttore conosciuto in un banco d'assaggio che si è dimostrato subito disponibile a presentare la propria produzione scendendo giù dalla Valpolicella.
Alberto Vaona è il personaggio in questione ed è il vero autore del suo vino nel senso che lavora in vigna, lavora in cantina e ne segue la distribuzione: in prima persona e con passione.
E' un personaggio, simpatico ma anche schietto come i suoi vini. Da buon veneto parlare di vino con lui è davvero piacevole ed esaustivo.
L'amarone è una tipologia che conosco abbastanza bene visto che, ho partecipato un paio di volte alle presentazioni delle varie annate organizzate dal rispettivo consorzio di tutela, ma grazie ad Alberto sono riuscito davvero ad entrare metaforicamente in cantina e apprendere cose nuove ed interessanti, molto pratiche, e che spesso non si trovano sulle guide del vino.
Per il menù della cena cliccate direttamente sul manifestino .


L'Azienda si trova aValgatara di Marano di Valpolicella - Verona in via Paverno, 41.

giovedì 23 aprile 2009

Troppo bella questa!

Vi devo segnalare questa..............


Porcolonga: pedalando e navigando lungo la Strada del Culatello di Zibello

Nel 2009 l’appuntamento di primavera si suddivide:
domenica 5 aprile e domenica 26 aprile - Visita ai produttori e alle rocche - Due soste golose in ognuno dei percorsi - Si possono acquistare i prodotti tipici (Culatello DOP, salumi, Parmigiano Reggiano, vini, ecc) e ritrovarli all’arrivo.
Porcolonga, ovvero come assaporare lentamente la Bassa parmense. La proposta della Strada del Culatello di Zibello consente di esplorare in bicicletta e in barca questo territorio che ispirò Verdi e Guareschi, degustare tipicità che hanno ancora il gusto della tradizione, passare una bella domenica e portarsi a casa prodotti tipici.
La Porcolonga di Primavera nelledizione 2009 si suddivide in due spezzoni (domeniche 5 e 26 aprile) a differenza della sola giornata delle edizioni degli anni passati. E una scelta compiuta per andare incontro alle esigenze dei viaggiatori che possono cos scegliere fra due date senza rinunciare ad eventuali altri impegni. Con questo intento si sono previsti quattro percorsi per domenica 5 aprile e cinque itinerari domenica 26 aprile.
La Porcolonga (se ne fa una anche d’Autunno) è un appuntamento che coinvolge gruppi di 25 persone che, in bicicletta e in barca, con l’assistenza di guide professionali della Uisp, attraversano la zona della Strada del Culatello di Zibello, partendo da ognuno dei nove Comuni compresi nel territorio della Strada.
Gli itinerari sono di circa 35-45 chilometri.
Domenica 5 aprile si parte da Fontanellato, Colorno, Roccabianca e Polesine, mentre domenica 26 da Sissa, San Secondo, Zibello, Busseto e Soragna (raduno entro le ore 9.00, inizio ore 9.15).
In ognuno dei tracciati si effettuerà una visita guidata ad un monumento: dalla Reggia di Colorno alla Rocca di Fontanellato, dal Castello di Roccabianca al Teatro Verdi. Inoltre si visiteranno le cantine di stagionatura del Culatello DOP e i caseifici di produzione del parmigiano reggiano.
I percorsi (contrassegnati da un diverso colore) comprendono anche un tratto di navigazione sul Po, con la barca della NavigarPo che porterà i partecipanti dal porto di Polesine Parmense a quello di Torricella di Sissa (o viceversa a seconda dellitinerario) assieme alla bici.
Inoltre vi saranno almeno due soste golose in Aziende o ristoranti che fanno parte della Strada del Culatello di Zibello, dove si degusteranno piatti tipici, salumi (Culatello, Strolghino, Spalla) Parmigiano Reggiano, dolci e vini (Fortana del Taro IGT).
I partecipanti potranno acquistare prodotti e vini, e sarà l’organizzazione ad incaricarsi di consegnarli all’arrivo, per evitare pesi sulla bici durante il goloso tour.
È obbligatorio iscriversi, scegliendo il percorso.
Le iscrizioni (costo a persona 38,00 Euro ragazzi dagli 8 ai 12 anni, 20,00 Euro) sono affidate alla UISP di Parma (tel. 0521-707411 - orario 8.30-13.30; 14.30-18.30).
Per gruppi è possibile organizzare Porcolonghe mirate (con percorsi da concordare) al di fuori degli appuntamenti ufficiali di primavera e di autunno.
La PORCOLONGA è organizzata dalla Strada del Culatello di Zibello, in collaborazione con Assessorato al Turismo e Commercio della Regione Emilia Romagna, UISP, Provincia di Parma, Camera di Commercio di Parma, Va Pensiero Viaggi e i Comuni di Zibello, Soragna, Busseto, San
Secondo, Sissa, Colorno, Roccabianca, Polesine Parmense e Fontanellato.

domenica 19 aprile 2009

Una cena a tutto....Pepe nero

Ieri sera con moglie e bambina siamo andati fuori a cena. Abbiamo prenotato al Pepe Nero in Prato
(Via Zarini). Ci ero già stato un paio di anni fa e l’impressione fu molto positiva cosi abbiamo deciso di riprovare. Innanzitutto il locale, ben dotato di parcheggi intorno e nelle vicinanze, è molto gradevole, piccolo, intimo, musichetta giusta in sottofondo, pochi tavoli, molto accogliente, elegante ma non pomposo, clima giusto insomma, perfetto per cenette intime, coppie, famiglie. Cucina a vista, tutti ragazzi giovani così come giovani e cordialissimi sono i titolari, aiutati dal padre, invece ristoratore di vecchia data.
Quindi di primo acchito ottima impressione, confermata dal menu, essenziale, antipasti, primi e secondi invitanti, sia pesce che carne. Discreta anche la cantina, carta vini con buona scelta.
Adesso dopo la prima impressione, rimaneva la più importante: tutto bello ma come si mangia?
Provati tre antipasti diversi (anticipati da porzioni di schiacciatine insieme al pane): strudel di verdure con robiola, capesante gratinate e scampo in guazzetto con gamberetti, patate e menta.
Ottima partenza, soprattutto strudel e capesante.
Poi primi: gnocchetti di patate in crema di ceci con pomodorini e gamberi per me, penne con cipollotti freschi e pinoli in salsa al tartufo nero per le donne. Ottimi entrambi, porzioni veramente abbondanti.
Dopo l’antipasto e il primo veramente potevamo già dichiarare chiusa la serata ma un secondo nel menu aveva attirato la nostra attenzione: filetto di maiale in salsa di marsala con scaloppa di foie gras.
Una porzione divisa in tre in piatti separati, praticamente sarebbe stata un’impresa farcela da solo….
Piatto dal gusto particolare con marsala e foie gras, ma veramente ottimo e delicato.
In merito al vino apprezzabile il servizio al bicchiere: ieri sera era perfetto, visto la giornata passata al Centovini in Firenze Certosa con oltre cinquanta assaggi, quindi la bottiglia in due sarebbe stata veramente troppo. Un bicchiere di bianco a testa: scelto un sauvignon, il preferito dalla moglie (l’altro bianco era un grillo&chardonnay siciliano oltre ad un paio di rossi). A questo punto per non farsi mancare nulla provato anche un dessert. Per i dolci menu a parte, con pagina dedicata ai vini da dessert, dal Vin Santo, ai passiti, al Sauternes allo Cherry. Scelto il flan al cioccolato (da ordinare un po’ prima visto che, come indicato anche sul menu, necessario ca 15minuti per la preparazione). Veramente superlativo, scelto come vino un Pedro Ximenez, unico in grado di reggere l’abbinamento con tal cioccolato fondente.
Prima del flan, vista l’attesa, ultima chicca, servito un mini gelatino, bastoncino pralinato a testa. Tra parentesi il ristorante ha pure un suo blog:
http://ristorantepepenero.spaces.live.com/ dove presente alcune loro ricette tra cui proprio il flan.
Poi ultima bella sorpresa il finale: il conto, meno di quanto immaginato con vino da dessert offerto.
Bella serata davvero. Merita un bis.
Ciao
Stefano

Degustazione certosina

Ieri presso l’Hotel Relais Certosa, ho partecipato alla VII Edizione della degustazione Centovini d’Italia, organizzata dalla Vinoteca al Chianti.
Vorrei segnalare i tre vini su tutti, che mi hanno dato il piacere della giornata.
Non conosco i produttori ma devo dire bravo bravissimo a:
1) Azienda San Giovanni (AP) con il "Kiara" bianco Offida DOC Pecorino 2008 ( sotto i 10 euro) che ha dei profumi complessi e persistenti con un gusto armonico per la tipologia
2) Azienda Le Strie (SO) con il Valtellina Superiore DOC 2004 ( 18,20 euro), un vino direttamente dal nebbiolo in purezza, colore vivace, durezza al primo impatto in bocca ma decisamente di gran gusto, piacevolezza e persistenza. Nella difficile Valtellina un vino da grande passione.
3) Azienda Lilliano ( Castellina in Chianti ) con il Chianti Classico 2006 ( 11,70 euro) e la Riserva 2005 ( 23,20 euro) . Entrambi i vini sono stupendi esempi del chianti che concedono al degustatore il piacere della memoria visto che ci ricordano il gusto del nostro vino toscano per eccellenza. I profumi tipici del sangiovese maturato bene, il vino in bocca che è riconoscibile senza perdere in equilibrio ed infine l'ottimo finale di bocca, ci innamorano.

E pur senza sentire il famoso aroma di cactus seccato nel deserto dell'arizona dopo che è passato un tifone......ho fatto degli ottimi assaggi.
Bravi anche l'organizzatore e i ragazzi del servizio, si percepisce la loro passione e conoscenza.
Ai vini dolci tra l'altro era di servizio, di fronte ad una quarantina di etichette ed altrettanti degustatori, tale Silvano Formigli un vero esperto di vino che dava preziosi consigli sull'ordine di degustazione, sulle caratterisiche specifiche, sui vini da provare: che bello sentir parlare di vino da uno che vive di vino.....
prosit!

Pensando al vino



Comincio da questo post una riflessione meno retorica e populista possibile sul vino. Tengo a precisare che non è un processo mediatico, non è un report giornalistico e nemmeno voglio esprimere un pensiero politico.
E' solo una mia personale riflessione su quello che è diventato l'universo vino e sul ruolo attivo di noi consumatori appassionati. Questo post è solo l'inizio.


Dopo l'ultima degustazione, a botta calda, devo affermare che le occasioni per sentire i vini prodotti con i vitigni autoctoni sono sempre troppo poche. Sabato, infatti, ho avuto veramente la possibilità di fare un esercizio di memoria e ritrovare un gusto del vino che è sempre più raro, l’ennesima conferma di un’altra grande ricchezza italica che rischiamo di dimenticare:
Finalmente si sono sentiti vini corposi e leggeri, morbidi e meno morbidi, equilibrati e squilibrati, tannici e non, ma tutti con un gusto proprio della tipologia e senza contaminazioni.
Questa è la bella sensazione personale. Poi la Ribolla gialla o il Pecorino può piacere o no, ma è fondamentale conoscerne prima il reale sapore.
Sì dico sapore e non per sbaglio, perché è questa l’unica cosa che conta alla fine, al di là di tanti tecnicismi. Quante volte nelle degustazione si assaggiano 10-15 vini della stessa docg di diversi produttori e alla fine abbiamo sentito sempre la stessa roba? Spesso, troppo spesso.
L’argomento è trattato e ritrattato da giornalisti specializzati, guide, sommelier, ecc. perché è “moda “ attaccare il gusto internazionale, ma poi che succede? Che gran parte della stampa e di tutti quelli nominati sopra, il gotha del vino, continuano a premiare e parlare dei vini definiti erroneamente di gusto internazionale. Erroneamente, perché in realtà si dovrebbe definirli “i vini dal gusto omologato che piacciono tanto al mercato”. Certo è, che i vini vanno venduti, ma attenti a non perdere le caratteristiche uniche di qualità e gusto dei vini italiani. Ed invece…..
Faccio un esempio culinario così non si offende nessuno.
L’Italia è la patria degli spaghetti, fatti con il grano duro, cotti al dente: è la nostra tradizione di qualità. Si osserva però che nel mondo, soprattutto anglosassone piacciono molto gli spaghetti scotti e di grano tenero per i motivi più strani che ci possono essere.
Per vendere anche a loro cosa possiamo fare allora? Semplicemente abbiamo due strade credo: li educhiamo al gusto facendo capire come e perché i nostri prodotti vanno consumati in un certo modo, oppure gli diamo ragione e produciamo spaghetti mollaccioni, poi ci abituiamo anche noi a mangiarli scotti, magari con il burro di noccioline come condimento……
Bene nel vino molti hanno scelto la seconda strada…… ed è follia.
Perché non la fiorentina carbonizzata invece che al sangue? A loro piace così…..
Ridateci il sangiovese ignorante please, la frutta sciroppata lasciamola agli altri…….
Un po’ di sano nazionalismo ogni tanto, la nostra qualità alimentare forse non è per tutti!
Io mi sono adeguato alla cara coca-cola che mi sfonda lo stomaco ora devo anche bere vini muscolosi e indigeribili che hanno il sapore del legno bagnato? Che sono magari “arricchiti” di sostanze coloranti o peggio? E poi si parla di intolleranze alimentari….
Concludendo, invece di strizzare la bocca quando sentite un vino vero e non addomesticato riflettete su come possa essere apprezzato proprio per questo. Invece di andare a comprare/assaggiare vino leggendo i giudizi dei presunti guru che campano alle spalle di tutto il sistema vitivinicolo e dei consumatori, liberate i produttori seri dalla “schiavitù” di dover fare i vini per avere 3 forchette, 5 stelline, 18 capperi o 149 bollini ciquita necessari per vendere sul mercato, e acquistate da loro.
Il consumatore deve scegliere per il suo gusto e la sua salute, non il marketing…….

sabato 18 aprile 2009

Il presente e il futuro

Qui di seguito riporto pari pari l'articolo che l'importante rivista on-line "Vini e sapori" (http://www.viniesapori.net/) dedica ad un vero e proprio evento nel mondo della birra artigianale in Italia: l'apertura (come avevo già accennato in altri precedenti post) di Open Baladin a Santa Vittoria d'Alba.

"Il 1° maggio inaugurazione a Santa Vittoria d'Alba (CN) di "Open Baladin", la birreria completamente dedicata alla birra artigianale italiana, con ben cento etichette in bottiglia e un'ampia scelta di birra alla spina. Già svelate le aperture dei futuri "Open" di Roma e di New York. Il 1 maggio 2009 sarà una data da ricordare per tutti gli amanti della birra artigianale. A Santa Vittoria d'Alba, in provincia di Cuneo, inaugura la prima birreria "OPEN BALADIN": cento etichette in rappresentanza di 33 birrifici italiani, un bancone con birre alla spina artigianali e un progetto che porterà all'apertura di ulteriori locali in giro per l'Italia e all'estero. Il locale piemontese, ricavato in un ex cinema, avrà come protagonista assoluta la birra artigianale italiana. Le bottiglie, selezionate tra i migliori microbirrifici d'Italia, la dicono lunga riguardo un'offerta che vuole proporre l'eccellenza della produzione nostrana. In effetti, nonostante il fenomeno birra artigianale negli ultimi anni sia passato sotto i riflettori dei media e la cultura birraria sia cresciuta, in un paese enofilo come il nostro, il pub rimane ancora un tabù per le birre artigianali, che trovano invece posto con sempre più facilità su scaffali di enoteche e ristoranti.Il progetto nasce da un'idea di Teo Musso, proprietario del birrificio Le Baladin di Piozzo (CN), e ha trovato il supporto di altri volti noti della birra artigianale italiana: Leonardo di Vincenzo, birraio di Birra del Borgo di Borgorose (http://birradelborgo.it/home.php), Manuele Colonna, proprietario della birreria romana "Ma che siete venuti a fa" ( http://www.football-pub.com/) e del noto Bir&Fud (http://birefud.blogspot.com/), affiancati da Nicola Farinetti, responsabile di Eataly e grande appassionato di birra. "Open", come suggerisce il nome, vuole aprire una vera e propria spaccatura, tracciare un percorso che porti alla nascita di un nuovo modello di birreria. Il locale di Santa Vittoria sarà soltanto il primo di una serie di circa dieci locali che in futuro apriranno nelle maggiori città di tutta Italia. Già a settembre è infatti prevista l'apertura di un nuovo locale di 500mq a Roma, in via degli Specchi (tra Campo de' Fiori e Trastevere), che potrà contare su di una scelta di oltre quaranta birre artigianali alla spina. E le sorprese non finiscono qui, perché è già in cantiere anche un "Open" a New York, con inaugurazione nella primavera del 2011, che non sarà soltanto una splendida vetrina per le migliori birre artigianali nostrane, ma, dotato di un impianto di produzione, ogni mese, ospiterà a rotazione un birraio italiano che produrrà la sua birra sul posto per gli americani. Le birrerie "Open" saranno caratterizzate da una filosofia comune rivolta a promuovere e diffondere la qualità della birra artigianale italiana. Anche lo stile sarà ben riconoscibile: un grande bancone accoglierà i clienti, che potranno scegliere tra un'ampia varietà di birre artigianali alla spina, mentre alle spalle una scaffalatura esporrà le cento etichette selezionate tra i migliori microbirrifici italiani. Come per l'Open di S.Vittoria saranno selezionati infatti 33 piccoli birrifici nostrani, ad ognuno dei quali saranno richieste tre etichette. La centesima birra sarà la Open Baladin, la birra "open source" dalla ricetta consultabile e modificabile creata sempre da Teo Musso. Molto significativo, in questo senso, l'invito che è stato rivolto a tutti i birrai artigianali italiani che domenica 19 si troveranno a Piozzo per una simbolica produzione comune della "Open" che segnerà di fatto l'inizio di questa grande scommessa".

Si aprono orizzonti più che interessanti; guardiamo quanto ci si mette a incasinarli.

giovedì 16 aprile 2009

Le serate in limonaia


Mercoledì prossimo iniziamo finalmente il secondo viaggio enoico dell'anno. Scenderemo dalla toscana verso il sud Italia, passeremo dalle isole, quindi assaggeremo la Francia e il nuovo mondo.

La ricerca della diversità e della tipicità sarà il principale obiettivo, perchè è questo la vera ricchezza del mondo del vino. Dopo tanti assaggi e degustazioni, la nostra passione è alimentata dal percepire aromaticità e gusti diversi nel bicchiere. Ma non è sempre così.

Ecco che è veramente molto interessante conoscere le varie produzioni che invece esaltano determinati vitigni in alcune zone specifiche.

Per i curiosi ecco la lista dei vini selezionati*:

1a Serata
Verdicchio dei Castelli di Jesi 2006 – Bucci
Sagrantino di Montefalco Collepiano – Caprai
Trebbiano d’Abruzzo 2005 – Valentini
Aglianico del Vulture 2003 Basilisco


2a Serata
Vermentino di Gallura Canayli 2007
Cannonau di Sardegna 2006 – Cerchi
Etna Rosso Terre Nere 2007
Don Antonio 2005 – Morgante


3a Serata
Chablis Servin 2007
Chateau Sociando Mallet 2005 Haut-Medoc
Sauternes 2001 - Château Liot
Champagne millesimato 2002 Blanc de Blanc – Yann Alexandre


4a Serata
Sauvignon Fumè Blanc 2006 – Beringer
Sauvignon Blanc 2007 – Cloudy Bay
Gewurztraminer 2005 – Bergsig
Carmenere 2007 – Chocalan


* salvo variazioni dovute al fornitore

mercoledì 15 aprile 2009

Segnalazione evento

Nel fine settimana nei giorni 17-18-19 Aprile presso l’Hotel Relais Certosa, Loc. Bottai, Firenze Certosa, si terrà la VII Edizione della degustazione Centovini d’Italia, organizzata dalla Vinoteca al Chianti, Via Cassia,
Loc. Bottai, Firenze, praticamente di fronte all’Hotel.
Presente ampia selezione di vini da vitigni autoctoni di tutte le regioni italiane.
Costo della degustazione € 10.00 comprensivo di calice degustazione omaggio.
Qui trovate manifesto dell’evento: http://www.vinotecaalchianti.it/eventi/Invito09-1.pdf e qui lista vini in degustazione http://www.vinotecaalchianti.it/eventi/listavinicentovini.pdf
Raggiungere l’Hotel è semplice, uscita Firenze Certosa sull’Autostrada A1, poi prendere direzione Firenze in pratica subito dopo il casello alla rotonda non la prima uscita (raccordo FI-SI), né la seconda (SS2 Cassia per Impruneta e Greve in Chianti direzione Siena) ma la successiva appunto SS 2 direzione Firenze.
Dopo meno di 1Km, sulla sinistra trovate il Relais Certosa, con annesso parcheggio.
ciao

La cena di Calabria



Vi segnalo questo evento ricevuto nella posta del Blog.

Il comune di Carmignano nell'ambito dell'iniziativa "Gusto di Calabria", promossa dalla Regione Toscana e Calabria, organizza in collaborazione con l'Associazione "Cieli Aperti" di Prato una cena a base di prodotti calabri, provenienti dalle terre confiscate alla mafia. La cena si svolgerà giovedì 23 aprile 2009, alle ore 20.00, presso la Tenuta La Borriana . Il costo è di € 20,00 ed il ricavato sarà devoluto alle imprese calabresi colpite dal racket e dall'usura. Un buona opportunità per gustare cibi genuini e per promuovere nel contempo la cultura della LEGALITA'.

Piccola grande Italia a Bacchereto


Polisportiva Bacchereto Circolo ARCI Bacchereto
Bacchereto 18/ 19 Aprile 2009


Voler bene all' Italia
"alla scoperta di luoghi e sapori di altri tempi"

Programma Sabato 18 Aprile
Ore 17:30 Sala G. Verdi Inaugurazione della Mostra di "ceramica Contemporanea" dell'Ass. "Arte della Ceramica" curata dal ceramista Fabrizio Tranquilli

"La produzione di maioliche a Bacchereto nel XIV e XV sec."
Conferenza a cura del Dott. Giovanni Roncaglia - Soprintendenza Archeologica Toscana Saranno presenti l'Assessore alla Cultura del Comune di Carmignano Fabrizio Buricchi e Maria Chiara Bettini Archeologa per la presentazione del progetto "Antiquarium delle ceramiche medievali di Bacchereto"

Ore 21.00 ex Cinema Montalbano L'Associazione Teatrale "Le Assurde Verìtà" presenta: "L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA" di L.Pirandello

Domenica 19 Aprile
Da Montelupo Fiorentino, verranno lanciati 2 piccioni viaggiatori, con un messaggio per il sindaco di Carmignano, in segno di amicizia fra i 2 storici produttori di ceramica

Ore 9,00 PERCORSI TREKKING: Risalendo "La Furba" da Seano a Bacchereto, lungo il percorso raggiungeremo L'agriturismo le Poggiarelle, e visiteremo il suo orto botanico.
Ritrovo ore 09.00 Parco Museo.
Per il ritorno a Seano saranno messi a disposizioni bus navetta.

Percorso a cavallo: dal Pinone all'Agriturismo MIDOLLA

Ore 10,30 Apertura della mostra dell'artigianato e dei prodotti tipici
Ore 11,00 Presentazione del progetto "RACCOLTA DIFFERENZIATA PORTA A PORTA"
Ore 12,00 Apertura Stand Gastronomici con piatti tipici locali presso Polisportiva Bacchereto e presso il Circolo Il Mulinaccio - aperto anche a cena.
Ore 15,00 "Scacco al Rifiuto" con la partecipazione di A.S.M. Spa di Prato, partite di scacchi per dilettanti
Ore 15:00 La casa del vasaio, il maestro ceramista darà dimostrazione della sua arte, realizzando un orciolo, per chi vuole sarà possibile provare a utilizzare il tornio, durante tutta la giornata.
Ore 15.30 13 castello e le sue mura, visite guidate alla Chiesa e Castello di Bacchereto a cura della Soc. CARABAS
Ore 16,30 "11 Pasticcere dilettante" - Concorso aperto a tutti coloro che vorranno deliziarci con i propri dolci.
Ore 18,00 Visita guidata alle cantine della Fattoria di Bacchereto.
Durante tutta la giornata nella piazza e lungo le vie del paese troverete banchi di artigianato locale e prodotti tipici del luogo nel pomeriggio esibizione della filarmonica G. Verdi di Bacchereto e dall'orchestra"800 Toscano" e per i bambini sarà possibile fare delle passeggiate a cavallo di piccoli pony.

Comune di Carmignano Legambiente Pro LocoCarmignano

martedì 14 aprile 2009

A Pasqua con gli amici






Cosa di più bello di una grigliata con gli amici a Pasqua? Dal punto di vista culinario praticamente niente secondo me. E quest'anno così è stato. Mi viene da riflettere sul menù semplice ma decisamente DiVino. Allora siamo partiti da una fiorentina di 1,6 kg, continuato con rosticciana saggiamente grigliata dal fuochista esperto designato, al secolo Corra, indi salsicce e gran finale con pancetta grigliata sino a diventare croccante. Come contorno invece patate fritte, melanzane grigliate e fagioli di Sorana.

E il vino?? Partiti da un prosecco Nino Franco, continuando con un Carmignano 2005 della fattoria Artimino ed uno della fattoria di Bacchereto stessa annata, abbiamo finito con colomba artigianale e moscato Saracco. Non ci siamo proprio fatto mancare niente in effetti.

Sarà l'atmosfera tra amici, sarà che era la prima grigliata all'aria aperta, ma davvero ci siamo leccati i baffi.

Motivo del post? Può essere banale ma è un occasione per riproporre l'equazione della felicità a tavola: cucina semplice ma gustosa + vini conosciuti e di qualità + giusta atmosfera = favola gustativa senza paragoni
E guardate che è semplice, economica e ripetibile.......

Ok, buona dieta.......

lunedì 13 aprile 2009

Maledetto il tappo che ti ho incontrato..


Settimana scorsa in occasione di cena a casa con cari amici invitati, a fine serata ho aperto una bottiglia che tenevo dallo scorso Agosto in cantinetta personalmente comprata durante una breve vacanza nelle Cinque Terre: passito Sciacchetrà Cinque Terre DOC.
Prima di recarmi là avevo reperito info in rete (soprattutto nel newsgroup it.hobby.vino, frequentato da appassionati del modo del vino) dove avevo trovato in Buranco, De Battè e Cappellini le etichette consigliate ed anche un’enoteca in Monterosso al Mare (l’ultimo dei cinque paesini dopo Riomaggiore, Manarola, Corniglia e Vernazza da La spezia verso Genova) fornita per tali acquisti.
Da evitare le varie etichette che si trovano ovunque, pure in tutti i negozi di souvenir nei vari paesini (tra l’altro già queste costano oltre i 30 euri a bottiglia).
Il temine Sciacchetrà sembra derivare dal dialetto ligure, “sciacca” e “(meta)tra” (schiaccia, l’uva, e metti da parte, cioè il gesto di nascondere le bottiglie dietro le botti per custodirle) anche se ci sono altre interpretazioni sull’origine etimologica del nome.
Vino passito di non facile abbinamento anche con i dolci, (localmente indicato con i canestrelli liguri), meglio con i formaggi erborinati o ancor più indicato da solo, come vino da meditazione.
Prodotto con uve Bosco (minimo 40%, solitamente oltre il 60%), Vermentino ed Albarola, produzione limitatissima, bassissima resa (sotto al 25%) per altro produzione da viticoltura quasi “eroica”, con tutti i terrazzamenti sul mare e le difficoltà che ne conseguono (tipo l’impossibilità di utilizzare molti mezzi meccanici). Tutto ciò spiega sia la difficile reperibilità che il prezzo elevato.
Paesaggi bellissimi, così unici che il parco delle Cinque Terre è stato dichiarato patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.
Comunque nell’enoteca segnalata, trovate le varie etichette, acquistata bottiglia del produttore Buranco (oltre 50 euri per una bottiglia da 0.375…..)
Tutto molto bello anche la bottiglia stessa (vedi foto). Così torniamo al momento di aprirla, tanta era l’attesa di sentirne i profumi e di assaggiare questa chicca ma appena aperta, la semplice annusata del tappo e tutto azzerato, il tappo sapeva tanto di tappo….. La conferma poi dal bicchiere, tappo solo tappo, imbevibile.
Il colore era di un bell’ambrato, con riflessi arancio come ho notato sia nel bicchiere ed anche versandolo nell’acquaio……mannaggia….
Ciao

venerdì 10 aprile 2009

Vinitaly: i saggi assaggi


Tre figure (o figuri) si aggiravano giovedì a Verona negli stand del Vinitaly. Scarpe da ginnastica, abbigliamento informale e una mission very possible: degustare a tutto spiano...
Senza limiti, ma con saggezza e metodo. Lontani dalla folla (giovedì fortunatamente non troppo avvolgente e insinuante) e dai soliti baroli/barbareschi, amaroni e bianchi del nord-est. Niente grandi nomi e niente –aia. E neanche toscani (ci sono tante occasioni durante l’anno per assaggiarli),con qualche debita e valida eccezione. Per un paio di brunelli “ammirati” recentemente al Lido una visita di controllo era d’obbligo. Verificare anzitutto.

E allora eccovi qua, cari enonauti, un pezzo a sei mani per bottiglia e orchestra che percorre sopratutto le vie del sud per verificare e testare la crescita qualitativa, sempre più arrembante, dei vini del meridione

Con una partenza spumeggiante però. Per anestetizzare l’uggia della giornata piovosa e lo stress dei parcheggi, già ampiamente descritti nel post precedente, cominciamo con le bollicine della Franciacorta, tutte rigorosamente Metodo Classico.
Ca'del bosco anzitutto. Non tradisce mai: profumi leggeri di lievito e in bocca bollicine molto fini che aumentano il piacere. E poi l’ottima & conosciuta azienda Ferghettina, pluripresente nei nostri corsi sulla serate dedicata alle bollicine. Buona tutta la produzione, millesimati, rosè e Satin; quest'ultimo grazie alla ridotta pressione è veramente un velluto, quasi una crema in bocca. Gli altri sono molto profumati e anche sostanziosi al palato. Lunga persistenza per il Saten e anche per la versione brut.
Segnaliamo per la piacevolezza anche il Saten dell’azienda Villa, morbido e floreale.
Scendendo al sud, schiviamo di proposito i soliti noti con i loro megastand (perché sempre grande fila da loro e poca gente dai piccoli “grandi” produttori, vera risorsa di questo settore?) Obbiettivo Taurasi,il Barolo del Sud. Primo stand, un produttore conosciuto, Vincenzo Mollettieri con il suo Vigne Cinque Querce, riserva compresa: struttura e tannicità notevoli tipiche del vitigno Aglianico.
Poi un plebiscito a tre voci per le cantine Antonio Caggiano. Gentilezza e disponibilità del produttore anzitutto (con noi nella foto in alto) e poi il Taurasi 2004 , un futuro grande vino: profumi di fruttato, vaniglia e note di liquirizia. In bocca si sente una struttura importante ma misurata per questa tipologia di vino, con finale leggermente e piacevolmente amarognolo. Caldo e potente quindi ma dotato di una sorprendente morbidezza ed equilibrio.
E grande persistenza, nulla da invidiare ai grandi rossi del nord, anzi.... La rivelazione della giornata
Apprezzabile anche il Taurì 2006, il prodotto più giovane, dal caratteristico sentore di vernice.
E poi ancora più giù, in Sicilia, guidati dal Gran Figuro, recente visitatore degli ameni luoghi, dove abbiamo scoperto con genuina meraviglia il vero Nero d’Avola, quello che dopo un bicchiere ti invoglia al secondo e al terzo. Insomma va giù che è un piacere, non come accade con certe etichette di grande diffusione nel centro Nord. La migliore sorpresa della giornata veronese.
Da Elorina, azienda semisconosciuta, abbiamo assaggiato tre Neri al bacio a cominciare dal Pachino, morbido ed equilibrato, dal grandissimo rapporto qualità-prezzo, così come le altre due etichette della Cantina di Modica dove ci siamo gustati anche un intrigante Nero d’Avola passito, il Dolcenero.
Successivo passo, lo stand della Puglia. Meno gente e qualità, d’acchito, inferiore. Non entusiasmanti i Negroamaro e neanche un Nero di Troia con tanti “bicchieri” ma poca personalità, esattamente come un rosso campano anch’esso pluripremiato ma standardizzato. E sopratutto carissimo. Niente nomi nè cognomi, non è nel nostro stile; torniamo in Puglia: più interessante il Primitivo di Soloperto, soprattutto l’etichetta Centofuochi.
Non è mancato, dicevamo all’inizio, un raid in terra natia.
Assaggi pochi ma buoni con 2 brunelli veramente eccellenti.
L'Azienda Agricola Pietroso ad esempio, sia con il Rosso che con il Brunello nelle annate 2003 e 2004. Il 2003, pur con un annata calda esprime dei profumi netti e puliti di frutta a bacca rossa, quindi la classica ciliegia assieme ad un tostato di buon legno: il vero sapore del brunello.
L'altro montalcinese da segnalare è quello fatto da Franco Pacenti "Canalicchio", che ci ha davvero conquistato, franco il produttore, franco il suo vino che, anche se ancora giovane esprime già un bouquet tipico e in bocca è ampio, avvolgente, saporito e con i tannini giusti da grande vino.
Ottimo anche il Chianti Rufina Riserva Fattoria di Colognole, Gusto pieno, caldo e avvolgente, con le inconfondibili note di frutti rossi e neri del Sangiovese, attutite ma non sovrastate dalla morbidezza nata da un sapiente affinamento in botti di rovere. E lungo, stupendamente lungo in bocca.
Restando in zona, godibile anche il Dreolino Riserva, dell’omonima azienda: buon equilibrio alcol-tannini e palato morbido.
Per finire in dolcezza, una scappata allo stand di Coffele, produttore veneto dei dintorni di Soave.
Anche qui abbiamo trovato simpatia e gentilezza e un valido Recioto di Soave, non super intenso al naso, ma di grande persistenza in bocca.
Ok anche i bianchi, soprattutto il Cà Visco. Il Soave sta crescendo.
Ma non solo il Soave. Ci siamo accorti che il vino migliora davvero ogni anno e, al di là della crisi, moltissimi produttori hanno scelto la qualità. Complimenti a loro. E a noi che ce la siamo goduta, in barba al tempo e, come diceva Benigni, al grande problema di Verona: il “tciaffico”.

giovedì 9 aprile 2009

Domozimurghi

Non è una parolaccia, né un’offesa; il termine usato nel titolo è la trasposizione (un po’ arzigogolata) in italiano del termine anglosassone homebrewer, cioè colui che si fa la birra in casa. Zimurgia (o zimologia) è il termine che definisce l’insieme delle conoscenze dei processi di fermentazione (da zyme, che in greco significa lievito, fermento); domo (più facile questo) deriva dal latino domus,casa. La premessa era necessaria, per dare un tocco di classe a questa figura ormai quasi leggendaria, quella dell’homebrewer, che nel mondo della birra ha dato vita ad un vero e proprio universo parallelo. Sono moltissimi infatti gli appassionati che si cimentano in questa (legalissima)attività con entusiasmo e (spesso, ma non sempre) competenza, creando in Internet una solida e ramificatissima rete di siti dedicati allo scambio di consigli, pareri, impressioni, ricette: tutto incentrato sul “fai da te”. Su sollecitazione del nume tutelare di questo blog do alcune indicazioni di massima per tutti coloro che intendessero avvicinarsi a questa attività (non passatempo, mi raccomando).
In pratica: esistono tre modi di produrre birra casalinga.
Il primo, e più semplice (è da qui che ciascun homebrewers è partito), è il sistema dei Kit luppolati Si tratta cioè di acquistare, assieme al kit di produzione, una o più confezioni contenenti estratti di malto luppolati e già pronti per l’uso. E’, in pratica, un mosto già pronto, che ha bisogno solo di essere diluito in acqua e fatto fermentare. E’ lo scalino produttivo più basso, che serve comunque per imparare ad usare l’attrezzatura di base e per cominciare a capirci qualcosa del complesso processo di fermentazione. Per fare questo primo passo è sufficiente possedere il “classico” kit di fermentazione, in vendita anche su molti siti internet (rintracciarli è semplicissimo), costituito, di solito, da: 1 o 2 fermentatori chiusi da lt. 32 con tappo ermetico; 1 o 2 gorgogliatori; 1 o 2 rubinetti; 1 o 2 termometri adesivi a cristalli liquidi ; 1 densimetro ; 1 cilindro da test ; dosatore zucchero ; prodotto sterilizzante ; sterilizzatore per bottiglie; tappatore a 2 leve; mestolo; asta di travaso con valvola di troppo pieno. Più o meno questo è l’essenziale, a cui va aggiunto, come dicevo prima una o più confezioni di malto già pronto per essere avviato al processo di fermentazione. Il costo di tutto questo ben di dio? Fra i 60 e 70 €, all’incirca.
Il secondo è il sistema nel quale si utilizzano estratto di malto non luppolato, lievito, luppolo, e quantità variabili di grani speciali, che hanno, in sostanza, la funzione di dare un apporto più significativo al sapore e al colore della birra. Le birre che così si ottengono sono già di un certo livello e, soprattutto, più varie rispetto a quelle ottenute dai kit già preconfezionati. Solo che ci vuole, da parte del domozimurgo, una maggiore esperienza e un kit di produzione un po’ più avanzato.
Il terzo è il sistema detto All Grain che di fatto riproduce quasi al 100%, con attrezzature casalinghe, il lavoro svolto in un birrificio professionale. In questo livello non si ha più a che fare con estratti, ma con malto in grani (da qui il nome All Grain). Qui le competenze richieste sono ancora maggiori, l’attrezzatura deve essere ulteriormente implementata e l’homebrewer deve anche avere più tempo a disposizione: produrre una birra con questo terzo sistema richiede infatti dalle 7 alle 8 ore di lavoro.
Altre due cose fondamentali per iniziare, oserei dire “trucchi del mestiere”:
BOTTIGLIE: per imbottigliare il prodotto non si devono usare quelle da vino o da acqua minerale, non sono abbastanza robuste. Le bottiglie devono essere scure, perché la birra non ama la luce. Le migliori sono quelle tipo weizen da 1/2 litro o quelle di importazione belga.
SANIFICAZIONE: tutto ciò che viene a contatto con il mosto o la birra e che non viene bollito deve essere sterilizzato (o meglio, "sanitizzato"); questo perché il mosto che va nel fermentatore è, di fatto, un liquido molto zuccherino, una vera gioia per molti batteri: il compito dell’homebrewer é di assicurarsi che questo “zucchero” sia consumato solo dal lievito che viene immesso in bollitura, e non dalle allegre famigliole di cui sopra.
Detto questo: "merita" davvero farsi la birra in casa? I pareri sono infiniti, e tutti più o meno condivisibili. Comunque, la maggior parte delle birre commerciali di più largo consumo sono filtrate e pastorizzate, abbastanza omologhe, monotone e appiattite nel gusto. In genere, i primi tentativi di fabbricazione casalinga danno risultati migliori rispetto a molte birre commerciali in circolazione. Quando invece si fanno i paragoni con le birre di alta gamma, allora le cose cambiano. Per questo, dico io, c’è già tanta roba buona in giro già fatta …. Ma questa è solo la mia personalissima opinione.
E’ "pericoloso" fare la birra in casa? Non è piacevole bere una birra casalinga acida o non ben riuscita, ma non è “dannoso”. I microorganismi potenzialmente tossici infatti trovano nella birra un ambiente sfavorevole grazie all’acidità, al grado alcolico e alla presenza del luppolo (che è un conservante naturale). La birra fatta in casa é molto meno “pericolosa” delle marmellate, conserve ecc. casalinghe, che presentano in percentuale maggiore rispetto alla birra il rischio di sviluppare il botulino. L’unico vero rischio é l’esplosione delle bottiglie; a volte può accadere, a causa della eccessiva pressione dovuta ad un eccesso di carbonazione.
Adesso, chi ne ha voglia, ci provi: non è difficile, vi assicuro che può trasformarsi in un vero e proprio trip.
In coda a questo post volevo segnalarvi l’uscita del numero di aprile del periodico on-line fermento birra (
http://www.fermentobirra.com), nel quale è contenuta una interessantissima video – intervista a Teo Musso del birrificio Le Baladin (che ho più volte citato nei miei post) sullo stato dell’arte della birra artigianale italiane e sugli stupefacenti progetti imprenditoriali che ha intenzione di mettere in atto; se vi va, dategli un’occhiata, nel mondo brassicolo italiano le sue parole hanno alzato un vero e proprio polverone. In questo numero c’è anche una mia recensione (scrivo su questo magazine fin dal primo numero) più dettagliata della sua nuova birra, la Open, alla quale avevo dato un po’ di spazio in post precedenti.

mercoledì 8 aprile 2009

Solo un bicchiere di vino


Allora mettiamo che stasera ci troviamo ad uscire assieme, e che decidiamo di andare ad assaggiare qualche buon vino, il posto decidetelo voi.
Prendiamo anche solo un bicchiere, di vino buono però. Non occorre il sassicaia o il petrus, diciamo un buon carmignano. E poi il resto chi vuole , formaggi, salumi ecc. Ma non mi interessa questo, parliamo solo del calice di vino.
Sicuramente commentiamo il sapore e scherziamo come al solito.
A questo punto entra un amico e cosa ci viene spontaneo? Semplice, offrire un assaggio pure a lui. Quanto spendiamo? facciamo 5 euro.
Morale è molto bello e piacevole offrire un bicchiere ad un amico. Stop .

Facciamo uno sforzo di immaginazione e pensiamo di farlo idealmente con un amico abruzzese.....
Cosa di più bello in questi momenti?
Allora facciamolo e inviamo anche solo 5 euro tramite qualsiasi canale ufficiale ai nostri amici abruzzesi e facciamo un brindisi di augurio e di speranza dedicato a loro.

Grazie

martedì 7 aprile 2009

Taste , seconda ed ultima parte

Il mondo brassicolo italiano è assai variegato, si fa birra con un sacco di ingredienti, oltre a quelli usuali e/o classici. Ci sono birre prodotte con grano kamut, con la mirra e lo zenzero, ci sono altre birre fatte con più di 15 spezie himalayane, altre con l’aggiunta di chinotto di Savona, alcune aromatizzate con i mirtilli (come in Belgio), birre con ribes nero, o ancora birre scure e affumicate, birre acidule maturate in botti di legno oppure fermentate con lieviti da whisky, senza contare, infine, le molte birre prodotte (più di 30, delle quali almeno 5 in Toscana) con l’aggiunta di castagne. L’italiano (parafrasando Maria Louise Ciccone) “le fa meglio”, o, almeno, ci mette molta fantasia nel farle. Tenendo conto di ciò, a Firenze, a Taste, ho volutamente sperimentato (oltre a ciò che ho descritto nell’altro report) una specie di “verticale” fra tre prodotti simili di tre birrifici diversi, aventi in comune lo stesso ingrediente principale: il farro. Il primo dei tre prodotti concorrenti, dal nome Farrotta, è una birra del birrificio pescarese Almond 22 (http://www.birraalmond.com/), aperto 5 anni fa nello stesso stabile in cui fino a poco tempo prima le donne del luogo lavoravano pelando le mandorle, destinate alla produzione dei confetti locali (da qui il nome del birrificio: almond, in inglese, significa mandorla). Una bella birra, bionda e fresca, nella quale viene anche aggiunto miele d’acacia per conferirle quel tocco finale alcolico e setoso che il farro, di sua natura, tenderebbe ad “annacquare”. La seconda è stata la Curmi del birrificio veneto 32 via dei birrai (http://www.32viadeibirrai.com/): una birra biondo paglierino brassata con l’acqua proveniente da due fonti alpine (il birrificio si trova, infatti, sulle pendici del Monte Tomba), che ha come caratteristica principale quella di essere molto watery, rinfrescante e beverina. Interessante anche l’origine del nome, Curmi appunto, che ricorda il nome (korma, poi tramutatosi appunto in curmi) che i Galli davano alla birra che loro stessi producevano con frumento, ma senza miele. Una bella birra adatta alla stagione estiva.
La più interessante delle tre si è comunque rivelata la Enkir, del birrificio Birra del Borgo di Borgorose, vicino Rieti (http://birradelborgo.it/home.php). Per questa birra viene usato il raro cereale chiamato appunto enkir, conosciuto dall’uomo già 10-12.000 anni fa (dicono sia il padre di tutti i cereali e anche il primo cereale addomesticato della terra, che cresce ancora spontaneo in alcune aree della Turchia ed Iran), il cui nome viene mutuato dalla divinità sumerica chiamata Enki, uno dei quattro creatori del mondo. Il geniale mastro birraio reatino (geniale quasi quanto Teo musso del Baladin), con l’amico Gabrile Bonci (definito da Vogue “il Michelangelo dei pizzaioli italiani”) mettono su questa idea produttiva, dando vita ad una birra che contiene il 55% di questo cereale, molto simile al farro: è birra quasi lattiginosa nel colore, ricca di sentori di pane e crosta di pane, insieme ad un leggero fruttato e una vaga sensazione di cereali bagnati, leggermente piccanti, grazie all’uso di un lievito particolare. Più ricca e di carattere delle altre due, vince questa ideale sfida fra prodotti artigianali, comunque di qualità, emblema di quella fantasia produttiva quasi del tutto italiana di cui parlavo all’inizio.
Tre birrifici, quelli citati in precedenza, non proprio vicini alle nostre zone, le cui birre non sono sempre facilmente reperibili: ma vicino a noi, in Garfagnana, c’è un minuscolo birrifcio artigianale, la Petrognola che produce splendide birre (quattro, fra cui una nerissima stout) usando il farro della Garfagnana a marchio I.G.P., pluripremiate non solo in Italia ma anche all’estero. Le sue birre valgono il viaggio verso questo paesino arroccato nell’Alta Garfagnana, ve lo garantisco.

sabato 4 aprile 2009

Fiere ed eventi, gioie e dolori

In TV nei giorni scorsi sulle varie emittenti toscane, Italia 7, Tele 37, Toscana Tv, in vari servizi e sul TGT
è passato varie volte il servizio sull’Antica Fiera di San Giuseppe tenutasi a Vernio un paio di domeniche fa. Essendoci stato volevo dire due paroline...
Bella manifestazione, d’obbligo portarci i bambini per poter vedere da vicino le varie razze bovine, l’autoctona calvanina sopra a tutte, pecore e caprette e lo spettacolo equestre con tanti bei cavalli nel campo sportivo di san Quirico. Poi una fila di banchi e bancarelle con tanti prodotti locali e non (c’erano banchi dal casentino, anche uno dalla Calabria) con salumi e formaggi, carne calvanina e migliacci etc. etc. oltre a mercatini di vario genere. In Val di Bisenzio si producono vari prodotti, taluni di ottima qualità, dai salumi, persino di cinta di un locale allevamento, formaggi ovini e caprini, farina di castagne e miele, produttori di birra artigianale, conosciuti biscottifici e pasticcerie e, nei periodi giusti (non adesso) si può trovare anche del buon tartufo nero a cura dell’Associazione dei tartufai della Val di Bisenzio.
Tutto molto bello ma….complice anche il bel tempo, dalla vallata ed dalla vicina Prato si sono riversati su San Quirico quasi 25.000 persone in tutto il giorno. A metà giornata la stradina dove erano posizionate le varie bancarelle era praticamente impraticabile, con tanto di genitori con passeggino incastrati.
Certo l’organizzazione non si aspettava sicuramente tale calca e la location era quella, il piccolo tratto di strada tra Mercatale e san Quirico quindi dovranno escogitare qualcosa per evitare ciò nella prossima edizione.
Meno comprensibile, come già accennato dal post di Andrea, recarsi un una fiera importante e prestigiosa come il Vinitaly, per giunta in un giorno feriale e quando all’interno le presenze non erano così massiccie, e trovare tutti i vari disagi e disservizi all’esterno fin dall’uscita del casello di Verona con ingorgo subito, strade/sottopassaggi chiusi, vigili in difficoltà, posteggi mal segnalati ed anarchia all’interno di essi.
Mi immagino cosa sarà essere là sabato e domenica……..
Tornando nella nostra zona, con l’arrivo della primavera e delle, speriamo, belle giornate ripartono le varie sagre ed eventi. Soprattutto nella Val di Bisenzio sono numerosi gli appuntamenti nei prossimi mesi per le varie sagre ed eventi.
Certo appuntamenti sicuramente in molti casi non da gourmet ma comunque interessanti e soprattutto, pensando alle afose giornate di giugno e luglio, può essere piacevole passare una giornata all’ombra di un castagno in Gavigno o Montepiano e fare merenda con ficattole e prosciutto.
Magari vedrò di segnalare le date dei vari eventi in programma.
Ciao

venerdì 3 aprile 2009

Verona , i mille perchè



In attesa del comunicato congiunto dei tre moschettieri, io andrea e stefano, reduci dal primo giorno di Vinitaly, ecco un commento al volo. E più che un commento sono domande che proprio tracimano spontanee.

Perchè il comune e l'ente fiera di vinitaly dopo infiniti anni di fiera ancora non trovano una soluzione accettabile all'accesso fiera? Anche quest'anno, strade cambiate, cartelli provvisori e vigili dispersi con il risultato di fare il solito casino.

Perchè l'ente fiera nella gestione dei bar usa il sistema della festa paesana del fagiolo all'uccelletto? Ristorazione di pessima qualità, lunghe file disordinate e nessun cordinamento con quella che loro dicono essere la capitale mondiale del vino nei 4 giorni. E un panino schifoso peggio dei fast food 4 euro!!! traduco per i vecchi 8 mila lire!!

Perchè continuano a far finta che sia per operatori quando invece entrano cani e porci ed escono in molti mezzi ubriachi? L'incasso? Ma i produttori pagano fior di quattrini per partecipare..... Quanti incassi vogliono fare?

Perchè allora se si permette l'accesso anche ai semplici appassionati molti produttori si rifiutano di dedicare a loro tempo e vino? Rimando alla domanda precedente, se mi fanno entrare e pagare 40 euro allora devono dare il servizio.....

Perchè ad alcuni produttori, magari quelli con i castelli...., è consentito di fare delle liste di ingresso come in discoteca? Ma stiamo scherzando? Se mi fai entrare, se mi fai pagare, poi non puoi selezionare.

Perchè piove sempre? E questa è la domanda più sensata......


Perchè il prossimo anno non fondiamo un movimento anti presa per i fondelli del tipo BOVI? Già BOicottiamo il VInitaly.... e spendiamo più soldi per andare a trovare i produttori a casa loro premiandoli e contribuendo giustamente ai loro introiti visto che sono normalmente più vessati anche dei visitatori in questa occasione?

bei tempi...