sabato 30 maggio 2009

Westvleteren, il "nome" della birra



Spesso, parlando di birra, ci si sente chiedere: "Ma qual è la miglior birra del mondo?". Sempre difficile rispondere a questa domanda, perchè non si possono paragonare fra loro birre di tipologie diverse, e poi ciascuno ha i suoi gusti personali. Esistono però un paio di associazioni internazionali di degustatori (Ratebeer e Beeradvocate) che stilano una "specie" di classifica abbastanza attendibile: e in entrambe le birre dell'Abbazia di Nostra Signora di St. Sixtus, a Westvleteren, in Belgio, compaiono stabilmente fra le prime 10. La 12°, poi è stata al numero 1 per una paio d'anni. Questo monastero, nel quale adesso vivono 26 monaci, nasce, nella sua forma attuale, nel 1830, in un sito dove però la presenza religiosa la si fa risalire fino al VI-VII secolo d.C.
Il birrificio interno all’abbazia nasce invece nel 1838 per dare ristoro agli operai impegnati nella costruzione del monastero; l’attività viene in seguito finalizzata al sostentamento economico della comunità. Fino al 1871 la produzione è per il solo consumo interno, dal 1877 fino alla fine della seconda guerra mondiale anche per il mercato esterno. In quegli anni infatti l'abate Bonaventura De Groote, dopo una discussione interna alla comunità, decide di frenare l’espansione produttiva della birreria, che rischiava di snaturarne la vocazione alla preghiera e alla contemplazione dei monaci. Per questo nel 1946 stringe un accordo con la
brouwerij St. Bernardus di Watou (ancora oggi produce splendide birre), che viene autorizzata a produrre le birre secondo le ricette tradizionali di St. Sixtus e a commercializzarle. La produzione interna del monastero viene così riportata allo standard originale, cioè 3500 hl. annui, più che sufficienti per il fabbisogno interno della comunità. Nel 1990 però i locali produttivi dell’abbazia vengono riammodernati, e nel 1992 viene revocato l’accordo fra la St. Bernardus e l’abbazia, che ricomincia a produrre in proprio le sue 3 birre. Nella birreria attualmente lavorano tre monaci, altri tre si occupano dell'imbottigliamento, mentre tre operai del posto danno una mano per lo smistamento e le operazioni di carico e scarico. Un'attività svolta nel silenzio imposto dalla Regola, inaccessibile a occhi esterni, che impegna la comunità per "soli" 75 giorni all'anno. D’altra parte “facciamo birra per vivere, non viviamo per fare birra” dice fratel Joris, ex capitano della polizia belga, 46 anni, monaco da 13, ma soprattutto uno dei monaci ai quali il vecchio mastrobirraio, fratel Filip, ha passato nel 2004 i segreti della produzione. Pur dominando un campo di luppolo, il monastero produce 3 birre (per un totale di 4.500 hl. l'anno), una bionda di 5,8° e due scure, una di 8° e una di 10,2° la cui caratteristica prevalente è la dolcezza del malto, accompagnata da percettibili note speziate e fruttate. Di alta fermentazione, stabilizzate in bottiglia, non filtrate né pastorizzate, hanno gusto particolare, un po’ piccante, ma eccezionalmente ricco. Le bottiglie non sono etichettate (limitazione che risale anch’essa agli anni ’40), per questo (teoricamente) non possono essere immesse nel circuito commerciale: per poterle acquistare bisogna mettere in atto (con somma pazienza) una complicata procedura, descritta minuziosamente sul sito del monastero stesso. Oppure bersele in santa pace nell'esercizio commerciale (si chiama In de Vrede, "nella pace") posto proprio di fronte al monastero, al quale vengono "concesse" le birre in quel momento diponibili. Sul tappo di ciascuna birra è riportata la gradazione alcolica secondo il sistema belga, che dà un’indicazione molto sommaria del contenuto alcolico per volume. Complicate da "agguantare", ma assolutamente imperdibili: in Belgio non le si pagano mai più di 2 euri a bottiglia, in Italia si trovano, di simil-contrabbando, anche a 12 euri.
Mi permetto di fornire la possibilità di poter vedere il "mondo" di Westvleteren, in due modi: guardare il reportage televisivo che due giornalisti belgi, Jean Blaute e Ray Coke, hanno avuto il permesso (evento più unico che raro) di girare all'interno dell'abbazia e del birrificio (normalmente off-limits per tutti) per la televisione fiamminga (se non si conosce il fiammingo, ci si capisce poco, ma le immagini sono imperdibili)

1° Parte:




2° parte




o dare un'occhiata al
nostro reportages fotografico dell'ultima volta che siamo passati di là.

mercoledì 27 maggio 2009

Domenica il vino torna in cantina


Fedele al pensiero che il vino si assaggia in cantina vivendo un emozione vera, vi invito a.....
CANTINE APERTE 2009

Domenica 31 Maggio
Ore 10 - 19
Fattoria di Bacchereto
Via Fontemorana 179 - Carmignano

In occasione di Cantine Aperte è possibile trascorrere
un’ intera giornata all’aria aperta degustando vino e prodotti tipici

Ore 10.00:
Accoglienza enoturisti, visite in cantina, assaggi dei vini della fattoria.
Apertura dei banchi d’assaggio a cura di:
Macelleria Beef & Pork : i salumi artigianali di propria produzione
Az. Agr. Rigoccioli: salse e confetture di Carmignano
Gastronomia Tempestini: l’arte del formaggio

Ore 11.30 - 12.30: Come si assaggia il vino ? - Degustazione guidata di 2 vini della fattoria e consigli per i neofiti sulla degustazione del vino.
A cura di Andrea Bassini - Partecipazione gratuita.

Ore 12.00: Arriva la minestra di pane! A cura di Beef & Pork

Ore 16.30 - 17.30: Come si assaggia il vino ? - Sessione Pomeridiana- Partecipazione gratuita.

E nel pomeriggio sino al tramonto, assaggio di fettunta preparata con il
nostro olio extravergine d’oliva

Durante la giornata sarà presente un tavolo informativo su corsi e degustazioni del vino a
cura di WINELOVERS.CARMIGNANO, il blog degli appassionati di enogastronomia.
I primi 90 che si iscriveranno gratuitamente al blog parteciperanno all’estrazione di un buono valido per la partecipazione ad un corso di avvicinamento al vino.
N.B. In caso di pioggia l'evento si terrà ugualmente all'interno delle cantine della fattoria

31 maggio Cantine Aperte

Domenica 31 Maggio torna l’appuntamento di cantine Aperte, uno degli eventi più importanti dell’anno con il vino protagonista.
Da diciassette anni le cantine socie del Movimento Turismo del vino
http://movimentoturismovino.it/ aprono le cantine al pubblico nell’ultima domenica del mese di Maggio (oltre 800 cantine ed oltre un milione di enoturisti nella edizione 2008).
Dettagli della manifestazione sul link qui sotto dal sito del movimento ideatore e organizzatore:
http://movimentoturismovino.it/cantine_aperte_it.html
e lista delle cantine che aderiscono all’evento divise per regione:
http://movimentoturismovino.it/?lang=it&section=news&view=371
Personalmente dopo vari anni nella nostra regione per la prima volta passerò la giornata fuori Toscana anche per vedere le differenze di organizzazione e di accoglienza dei vari produttori e se veramente Cantine Aperte sempre di più sarà all’insegna della qualità non solo del vino, ma anche dell’accoglienza da parte delle cantine con la sicurezza di un’ospitalità di prim’ordine come il movimento stesso riporta.
Magari prossima settima ci scambieremo un po’ di impressioni dalle varie cantine visitate sia sui prodotti che sull’evento in sè.

Ciao
Stefano

Divini profumi - Prato

Venerdì 29/5 e sabato 30/5 si terrà la X edizione di Divini Profumi, manifestazione promossa da Provincia di Prato, Camera di Commercio e Strada medicea dei Vini di Carmignano.
L’evento si terrà presso il chiostro di San Francesco, in Piazza San Francesco dalle 17 alle 23 (ultimo ingresso alle ore 22.00).
Sarà possibile degustare i vini della provincia dai vari banchi dei produttori presenti ed i vari prodotti tipici pratesi. Dalle 19 sarà possibile degustare anche piatti tipici della cucina e della pasticceria pratese. Previste ulteriori degustazioni su prenotazione.
Qui sotto alcuni links sull’evento
http://www.welcome2prato.com/2009/05/di-vini-profumi-2009.html
http://www.po.camcom.it/news/eventi/2009/20090530.htm
http://www.comune.prato.it/appuntamenti/?forward=rassegna&codicerassegna=DIVINI
Volantino della manifestazione:
http://www.pratoturismo.it/dbsite_on_line/attachments.php?file=../uploads/2009_04_22_12_10_04.pdf
Ciao
Stefano

martedì 26 maggio 2009

Le donne e il vino


Un tocco di femminilità in questo blog mancava proprio e chi meglio
di una rappresentante della femminilità in miniatura come me poteva
darne avvio ?!?!
Come primo approccio al blog non vorrei esprimere giudizi su vini
degustati o su altro, ma semplicemente discutere su come, secondo il
mio modesto parere, le donne valutano una bottiglia di vino.
Le donne, innanzitutto, si approcciano al vino con una prospettiva
del tutto particolare e diversa rispetta a quella impiegata dal mondo
maschile; come in ogni aspetto della vita quotidiana, cercano di
collegare al vino un aspetto romantico. Non a caso i vini preferiti
dalle donne sono quelli che più le corteggiano, ovvero quelli
caratterizzati da un colore vivace, da decisi sentori floreali e
fruttati e da un persistente sapore. A conferma di questa tesi inoltre,
al momento in cui si degusta, si assaporano i profumi, si evocano
ricordi legati a particolari eventi: come accade per le canzoni, quando
si assaggia un vino in un’occasione particolare, in un secondo momento,
quando ci ritroviamo di fronte a quella speciale bottiglia, quando
riascoltiamo quegli odori, quando riassaporiamo quel vino, ci facciamo
travolgere dalle emozioni dei ricordi. Agli occhi di molti ciò può
sembrare banale, perché un vino (già di per sé oggetto valutabile
soggettivamente) deve essere collocato in una sfera più o meno
razionale, ma sono convinta che ci sono persone che comprendono ciò che
dico, perché come me riempiono di passione ogni circostanza della vita,
scrivendo in determinati vini, pezzetti di storie vissute.
… Il vino è la poesia dell’anima …
By Veronica Belli

sabato 23 maggio 2009

Database


Più volte, parlando con persone appassionate come me della birra e del suo mondo, mi è stata rivolta la fatidica domanda: "ma quali sono i locali dove poter trovare la birra buona?" Non sempre è facile rispondere, perchè birra se ne trova tanta in giro, ma non di quella buona, spesso "rimpiattata" in locali a volte insospettabili. Da un po' di tempo, in rete, si trova un sito che aiuto abbastanza in questa ricerca, fornendo un nutrito database di locali "amici della birra", soprattutto sul versante della ristorazione. Sono tutti locali segnalati dalle famose guide culinari dell'Espresso e del Gambero Rosso, che accanto a cibo di qualità, adeguata carta dei vini, hanno anche una stabile e nutrita carta delle birre, spesso artigianali, sia italiane che straniere. Il sito si chiama "Birragustonaturale" , e nella sezione "I locali amici della birra" rende fruibile il database di cui sopra. Mettendosi a spulciarlo un po', salta subito agli occhi il numero sorprendentemente non esiguo di indirizzi toscani (17 su oltre 50 censiti in tutta Italia), molti dei quali situati in luoghi anche marginali, turisticamente parlando (Fauglia?). A Firenze , per esempio, sono menzionati solo due locali, uno dei quali però, l'Ora d'aria vale assolutamente la visita. Lascio alla curiosità di ognuno piluccare nomi e località. Un appunto, al sito, è però doveroso: nell'era di Internet, se si cita il nome di un ristorante non si può non rendere disponibile anche il suo sito internet (laddove esiste), altrimenti si fa doppia fatica.
Ultimo commento: questo "censimento" con relativo sito è nato su iniziativa di Assobirra, che in Italia rappresenta gli industriali della birra, che stanno cominciando a guardare con molto interesse (economicamente parlando) al mondo della produzione artigianale, adesso molto di moda. Più di un purista (della birra) ha visto questo interessamento quasi come una contaminazione, foriero di ben più nefaste evoluzioni. Difficile fare previsioni: il futuro, come dicevano gli antichi, è sulle gionocchia di Giove. Per ora mi accontento del presente, e di un utile strumento per muovercisi dentro.

giovedì 21 maggio 2009

Segnalazione evento

In questo fine settimana, sabato e domenica 23-24 Maggio, dalle ore 11.00 alle ore 20.00 presso Villa Le Corti in San Casciano Val di Pesa http://www.principecorsini.com/ si terrà la XIII edizione della mostra mercato “Alla corte del Vino”. Saranno presenti 112 produttori toscani con 400 vini in degustazione.
Nel link qui di seguito dettaglio della manifestazione:
http://www.allacortedelvino.it/ e qui elenco espositori: http://www.allacortedelvino.it/espositori.php
Per raggiungere la tenuta, autostrada FI-SI, uscita San Casciano, appena in paese seguite l’indicazione per la manifestazione. Costo della degustazione: 18 euri.
Ciao
Stefano

Vini friulani & C.



Grandi friulani e formaggi d’autore

Giovedì 28 Maggio - Ore 21.30
Sala Degustazione Tenuta Cantagallo
Via Valicarda 35 - Capraia e Limite – Firenze

La serata è dedicata alla degustazione di 4 vini dell’eccellenza friulana con una prova di abbinamento a 4 formaggi selezionati. Con un outsider, il formaggio “di casa”.
Per ogni vino ci sarà una degustazione guidata da Andrea Bassini e così per il formaggio a cura della Dott. Alessandra Matteucci.

Menù degustazione*:

Chardonnay Collio DOC - Borgo del Tiglio
Abbinato al Capra Roccaverano fresca Guffanti

Tocai Friulano DOC - Keber Renato
Abbinato alla Sola Valcasotto

Rosso Riserva Collio DOC - Borgo del Tiglio
Abbinato all’ Asiago Stagionato

Picolit Colli Orientali del Friuli DOC -
Ronco Vieri
Abbinato all’ Erborinato Pecora Valpusteria

L’outsider
Pecorino e foglie di Noce in olio etra vergine d’oliva
Tenuta Cantagallo

E’ richiesta la prenotazione entro martedì 26 Maggio
Quota di partecipazione: 20 euro
* salvo variazioni dovute al fornitore

PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
Andrea Bassini tel. 346.0808092 Mail: winelovers.carmignano@gmail.com


By WINELOVERS.TOSCANA

martedì 19 maggio 2009

Dal diavolo all'acqua ... (ops) ... birra santa


Il logo (spettacolare) della Stone Brewery, citata nell'utlimo post, riporta un bell'esempio (graficamente parlando) di un'entità non proprio rassicurante, un bel satanasso cornuto a dovere. Per una questione di "banale" parallelismo, in questo post vorrei cominciare a farvi conoscere l'altra faccia della medaglia: la birra "santa", cioè fatta dall'altra metà del cielo (ammesso e non concesso che gli Stone rappresentino la faccia scura della medaglia), cioè dai monaci trappisti. Dall'estrema innovazione (quella che adesso ha patria in USA) all'estrema, splendida, tradizione, rappresentata dalle produzioni brassicole di una sparuta ma tenacissima pattuglia di monaci, gli O.C.S.O. L'acronimo indica i monaci Benedettini dell'Ordine dei Cisterciensi della Stretta Osservanza. Sono i "famosi" trappisti, che derivano il proprio nome dal monastero francese di Notre Dame de la Trappe, a Soligny in Normandia, dove l'ordine nasce nel 1664, mentre è ufficialmente "approvato" a Roma da papa Alessandro VII nel 1666. Pochi, dicevo: alla fine del 2005, l'ordine contava 97 case e 2.266 monaci (ultimo dato disponibile). Pochi ma "buoni": sono davvero i "duri e puri" (sia detto con il massimo rispetto possibile) del cattolicesimo. E' un mondo a parte, il loro, che dal mondo si tirano fuori fisicamente per esservi ancor più presenti spiritualmente, un mondo fatto di preghiera, silenzio e lavoro ("ora et "labora" è, non a caso, il loro motto). E' un mondo che ha l'obbligo di autosostenersi: ogni monastero, e quindi ogni monaco, si deve industriare per campare delle proprie risorse e, laddove è possibile, per provvedere anche a sostenere chi al di fuori del monastero ha bisogno di loro. E ci si sono messi d'impegno, tutti e subito: per quello che ci riguarda più da vicino, alcuni dei monasteri del Nord Europa si sono buttati a capofitto nella produzione birraria, che faceva già parte del tessuto sociale e produttivo del territorio. Con una triplice finalità: poter offrire ai pellegrini che bussavano alle loro porte una bevanda nutriente, dissetante e "sicura" (essendo bollita); fornire ai monaci stessi una bevanda nutriente e sostanziosa che potesse allievare in certi periodi dell'anno (Quaresima e Avvento) le rigide privazioni alimentari legati ai digiuni liturgici; "tirar su un po' di grano", nel senso di fornire al monastero stesso una sicura fonte di reddito, attraverso la vendita in loco dei propri prodotti (fin da subito eccellenti). Si ahnno notizie produttive fin dal 1700, e comunque gran parte della produzione attuale dei monasteri trappisti ha le proprie radici nella seconda metà del 1800. E' tanta roba. E roba buona. Tanto che, per tutelarsi dagli innumerevoli tentativi di imitazione, nel 1997 i sette monasteri trappisti (sei in Belgio e uno in Olanda) che producevano birra fondano la ITA (International Trappist Association, c'è anche la versione italiana del sito), che determina le condizioni per poter applicare sui propri prodotti il prestigioso logo Authentic Trappist Product. E le condizioni sono semplici, si fa per dire:

• La birra deve essere prodotta all'interno delle mura di un'abbazia trappista, da parte di monaci trappisti o sotto il loro diretto controllo.
• La produzione, la scelta dei processi produttivi e l'orientamento commerciale devono ovviamente dipendere dalla comunità monastica.
• Lo scopo economico della produzione di birra deve essere diretto al sostentamento dei monaci, alla beneficienza e non al profitto finanziario.

Essere nel mondo, ma non del mondo; lavorare ma senza cercare il profitto come fine ultimo; lavorare per poter fare beneficienza, oltre che per sostenersi. Un bello "schiaffo" alla logica del "lavora, consuma, crepa" di Sessantottesca memoria.
I nomi dei monasteri che attualmente si possono fregiare di questo logo: Achel, Chimay, Orval, Rochefort, Westmalle e Westvleteren in Belgio, La Trappe in Olanda. Alcuni sono già noti ai più (Chimay per prima), altri hanno diffusione e fama minore: quasi tutti i loro prodotti rappresentano il segmento d'eccellenza della produzione birraria mondiale.
Westvleteren 12°, la miglior birra del mondo. Da qui ripartiremo nel prossimo post (a qualcuno, forse, fischieranno gli orecchi e avrà un riflesso condizionato di pavloviana memoria ...)

lunedì 18 maggio 2009

Segnalazione evento.... non me lo perdo....



Festival del Franciacorta a Bologna
Dopo diversi anni il Franciacorta torna a Bologna, città ricca di appassionati del buon bere.Il Festival vivrà la sua terza tappa italiana dopo Milano e Roma il prossimo 25 Maggio presso l'Hotel Royal Carlton, in via Montebello 8.Gli amanti del Franciacorta potranno degustare i prodotti di ben 43 produttori del territorio.L'evento si terrà dalle ore 16.30 alle 21.30, con ingresso libero. Alle 17.30 e alle 19.30 si terrano anche due seminari di approfondimento con degustazioni guidate, per i quali è necessaria l'iscrizione preventiva.Inoltre dal 18 al 25 Maggio in oltre 80 locali di Bologna e Provincia si terrà Aspettando il Festival, un'intera settimana di degustazioni ed eventi a tema nei migliori ristoranti, wine bar ed enoteche.Tutte le informazioni dettagliate sono contenuto nell'invito, che è possibile scaricare in fondo alla sezione.
E' di lunedì, ma se qualcuno vuole aggregarsi...... io vado.....

sabato 16 maggio 2009

Il Gualdo del Re

Nei giorni corsi la moglie è venuta in possesso di un pezzetto di cinghiale.
Dalla cugina poi pervenuta pure la ricetta per una prima prova familiare di ragù al cinghiale.
La pappardella scaturita era veramente notevole.
Aperta quindi la cantinetta per trovare un valido compagno: scelto un sangiovese “Gualdo del Re” acquistato direttamente in cantina a Suvereto in Val di Cornia lo scorso Agosto.
Beh sono rimasto soddisfatto dell’abbinamento e del vino in se.
Colore rubino con ancora riflessi porpora, che per un 2004, reputo bel segnale, vino che sicuramente ha (aveva)ancora qualche annetto davanti a sé…
Profumi di frutta matura, confettura, marmellata di mirtilli, e tante spezie, cannella e pepe soprattutto, ed anche vaniglia e tostatura. Sì la nota di legno si sente e, personalmente, davanti a ciò spesso mi capita di storcere un po’ il naso ma qui la nota non mi è sembrata stonata, si accorda con il resto, non sovrasta gli altri profumi. Mi sono andato quindi a cercare e leggere la scheda su sito del produttore e l’ho trovata: oltre alla sorpresa che l’uvaggio è sì 100% sangiovese ma nella varietà grosso, poi confermato sia malolattica che affinamento x 18mesi in barriques poi bottiglia x altri 6 mesi. La barrique è uno strumento e come x tutti gli strumenti possiamo notare un sapiente uso, che può dare, in determinati vini, anche un valore aggiunto oppure un abuso e portare ad una standardizzazione del prodotto.
Beh in questo caso mi è sembrato un esempio di uso corretto..…..o forse era la pappardella che mi ha offuscato le papille e fatto passare anche il legno?
Qualcuno di voi l’ha mai assaggiato per capire se la mia impressione è condivisa?
Io comunque mi annoto di ritornarci anche questo anno in estate visto che frequento località di mare nelle vicinanze. Tra l’altro l’azienda, che ha anche agriturismo di proprietà, dispone di ristorante di cui si dice un gran bene. Durante le visite sono gentilissimi (anche in verità altri produttori della zona, ad esempio Rigoli), ti fanno degustare, illustrandoli tutti i loro prodotti. Hanno anche proprio punto vendita dove eventualmente fare acquisti. L’enologo è la conosciuta, anche in Carmignano, Barbara Tamburini che ho avuto il piacere di avere come relatore in un paio di serate dedicate alle pratiche di cantina, alla vinificazione.
Durante Cantine Aperte, ultima domenica di Maggio, chi capita da quella parti, si fermi..
Ciao
p.s. se a qualcuno interessa la ricettina delle pappardelline, ditemelo che la butto, anche come commento a questo post

Stefano

venerdì 15 maggio 2009

Un difficile equilibrio



E' difficile parlare di gusto del vino e dei prodotti tipici senza mai pensare a come vengono realmente fatti. Nel vino dopo la bagarre durata anni sull'uso delle barrique adesso è il momento del vino biodinamico e come guelfi e ghibellini le due parti si trovano su barricate opposte. Si parla estremizzando di vini veri e di vini chimici. Seguendo i blog più interessanti ho letto un pò di tutto e sinceramente ho espresso un mio parere molto semplice: io assaggio prima di giudicare e se il vino è buono.... è buono!

Ma dopo uno scambio di idee ricevo, e giro volentieri al blog, questo articolo da una produttrice di vino, olio e miele a cura di Andrea Terreni della CIA ( non la nota agenzia americana eh!) e mi sembra naturale affrontare anche il problema di cosa noi possiamo trovare nei prodotti, anche di qualità, del nostro paniere enogastronomico e se non stiamo sbagliando qualcosa. Il dott. Terreni scrive:

"Dovendo aprire il convegno sui cambiamenti climatici e
la loro influenza sulle colture agricole e sullo stato di
salute delle api, organizzato da Arpat assieme alla
Condotta Slow Food di Scandicci, ho scelto di farlo
partendo dalle immagini dei mandorleti californiani.
Partendo cioè da una delle realtà nella quale la così detta
“agricoltura industriale” trionfa: oltre 600.000 acri di
monocultura di mandorli (provate a calcolare a quanti
ettari corrispondono!) che hanno sicuramente la
leadership assoluta del mercato mondiale delle mandorle.
Ovviamente però anche questa, come tutte le medaglie,
ha il suo rovescio: 600.000 acri di mandorleto, un
territorio enorme nel quale è coltivata una sola coltura,
equivalgono a un “deserto biologico”.
Deserto che può sopravvivere solo grazie ad un uso
intensissimo della chimica (concimi e agrofarmaci) e …....
sostituendo le funzioni indispensabili per i cicli biologici
(impollinazione) con dei surrogati (pacchi di api
importati da tutto il mondo, Australia compresa...),
In questo contesto agricolo si è manifestato per la prima
volta il così detto fenomeno del CCD!
Lo squilibrio ambientale, l’inquinamento chimico, in
quella realtà hanno raggiunto livelli tali da crollare su se
stessi, dimostrando in maniera inequivocabile il limite
dell’agricoltura industriale.
I complicatissimi e sofisticati equilibri biologici sui quali
si basa il funzionamento degli ecosistemi, naturali o
artificiali che siano, possono essere sostituiti con le forzate
pratiche dell’agricoltura industriale, solo per un limitato
periodo di tempo. Lavorazioni meccaniche ripetute,
concimi chimici, uso di agrofarmaci (anch’essi derivanti
soprattutto dalla chimica del petrolio), monocolture in
successione, cultivar modificate geneticamente. Queste
“meraviglie” frutto dell’ingegno e dello sviluppo
tecnologico riescono a dar vita ad una agricoltura
estremamente competitiva, capace di vincere nel breve
periodo il confronto economico e produttivo con le
agricolture tradizionali. Ma hanno un destino che le
accomuna: rapidamente entrano in crisi di fronte ad una
natura che sembra presentare il conto delle ripetute offese
ricevute.
I fenomeni di desertificazione, la perdita di fertilità,
provocata dalla scomparsa degli insetti e dei
microorganismi che la garantivano, ed ancora la selezione
di parassiti vegetali ed animali capaci di resistere indenni
all’azione dei più devastanti biocidi, sono tutti aspetti
che con cadenza implacabile dopo pochi anni provocano
crisi produttive delle aree interessate dalle colture agricole
industriali.
Come se non bastasse quell’ agricoltura ha la
responsabilità di capovolgere la funzione benefica nel
ciclo carbonio/ossigeno svolto dai sistemi agricoli
tradizionali. Essa infatti produce più carbonio di quanto
non ne assorbano le essenze vegetali coltivate.
Il carbonio è prodotto non solo dalle lavorazioni
meccaniche, ma anche dalle enormi quantità di energia
necessarie per produrre concimi e pesticidi e, ancora, dal
folle girotondo necessario per trasportare le derrate
alimentari prodotte in tutto il mondo. Tutto ciò fa sì che
per la prima volta nella storia dell’umanità gli effetti
dell’inquinamento provocato dalle industrie e dalle auto,
invece che essere mitigati dall’azione positiva delle colture
agricole, sono moltiplicate dal surplus di carbonio
derivante dalle “colture industriali”.
La cosa impressionante è il circolo vizioso che tutto ciò
innesca. I cambiamenti climatici innescati da questi
processi, la loro accelerazione provoca continue
irregolarità e il continuo manifestarsi di fenomeni estremi
negli andamenti metereologici. Questi mutamenti e
questi fenomeni estremi a loro volta influiscono sui cicli
biologici animali e vegetali. Le colture tradizionali, la
fertilità dei suoli, il corretto sviluppo delle popolazioni
animali selvatiche e domestiche sono fortemente
minacciate in una spirale che se non sarà interrotta e
modificata rischia di riportare l’umanità di fronte allo
spettro delle carestie globali.
Certo le api, i nostri alveari collassano per le reinfestazioni
di varroa e per tutte le patologie che ne conseguono, ma
muoiono in questo quadro drammatico provocato
dall’espandersi dell’agricoltura industriale nei più remotiangoli del mondo."


Da semplice lettore mi chiedo: siamo davvero a questo punto?
O sono allarmi non del tutto giustificati?
Vorrei tanto che qualche tecnico del settore mi dicesse la sua, per tranquillizzarmi, o per spaventarmi ancora di più. Il dibattito è aperto.

Terra di Prato 2

Sabato 16 Maggio in Piazza del Mercato Nuovo, Prato, dalle ore 8.00 alle ore 13.00 si terrà la seconda edizione di Terra di Prato, mercato dei produttori agricoli e del piccolo artigianato.
Maggiori informazioni sono reperibili sul seguente sito:
http://www.comune.prato.it/terradiprato/
Lista dei prodotti in offerta:
http://www.comune.prato.it/terradiprato/htm/prodotti.htm
Ciao
Stefano

giovedì 14 maggio 2009

A cena con gli amici in fattoria....

Ecco questa cena alla fattoria di Bacchereto su in collina, ottimo luogo per vivere la nostra campagna. La facciamo giovedì 21 maggio alle ore 20, ed è dedicata soprattutto ai partecipanti degli ultimi due corsi organizzati, visto che in tale occasione saranno consegnati gli attestati di partecipazione. Naturalmente però rimane aperta anche a tutti gli amici del blog pur essendo i posti limitati (20).
Avremo con noi la produttrice Rossella Bencini Tesi che ci guiderà, a fine cena, in una suggestiva visita notturna alla cantina. I vini in abbinamento sono quelli della fattoria, le cui uve provengono dalle vigne a vista dalla splendida terrazza panoramica. Il menù:

Pasta al sugo della Ninetta
abbinata al Sassocarlo Terre a Mano - Fattoria di Bacchereto

Involtini e polpettine alla contadina con patate ed insalata mista
abbinati al Carmignano DOCG Terre a Mano - Fattoria di Bacchereto

Semifreddo di fragole
abbinato al Vin Santo DOC della Fattoria di Bacchereto

Si può prenotare sino a martedì sera inviando una mail a questo indirizzo o un sms al 346.0808092 indicando le generalità e il numero dei posti.
Sarete ricontattati per la conferma della prenotazione, ed avvisati in caso di esaurimento dei posti. Il prezzo è di 25 euro a persona.

martedì 12 maggio 2009

La prima del Vin santo di Vigoleno e del Gutturnio






Domenica scorsa gita sui colli piacentini, e al primo stop, il bellissimo castello di Vigoleno, con borgo annesso, ho notato un cartello con scritto: DEGUSTAZIONE DI VIN SANTO.
Al momento ho pensato che forse tra l'amarone del venerdì e il sangiovese di romagna la sera prima era un allucinazione etilica ma invece.....

Ho scoperto questa DOC Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno istituita nel 1996 e voluta dai produttori di zona per recuperare due vitigni autoctoni destinati alla scomparsa, santa maria e melara . I produttori sono una decina e ne ho incontrato uno che aveva il turno presso i locali della degustazione. Tra le cose che mi ha raccontato mi ha colpito il fatto che questo vin santo esce solo dopo ben 5 anni di affinamento in botte e che tra travasi e naturali perdite per evaporazione la resa è del 15-18 %.
All'assaggio devo dire che non mi ha molto entusiasmato però, forse era quella determinata etichetta. Al naso prevalente profumo di uva passa e miele, in bocca una certa freschezza ma un dolce alquanto stucchevole. Mi ha ricordato il vecchio vin santo del nonno...... Diciamo quindi non bocciato, ma rivedibile, su un singolo assaggio mica si può giudicare un prodotto.
L'altro vino che confesso non avevo mai sentito è il Gutturnio,versione frizzante, fatto con croatina (bonarda) e barbera con maggioranza di quest'ultima. Ovvia l'influenza del vicino oltrepò pavese dove questi due vitigni spopolano. In questo caso ho trovato un vino rosso brioso e beverino con un profumo molto semplice e netto di piccoli frutti rossi classici, in bocca fresco e tannico,non equlibrato ma piacevole come tipologia. Lo vedo molto bene con i salumi di zona. Per fare un paragone alla buona, non me ne vogliano i puristi, pensate ad un lambrusco con più corpo e tannini.
Il vin santo costa sulle 30 euro la bottiglia, troppo a parer mio, il gutturnio dalle 4 euro in sù, e li ci siamo.
Ed ora vado ad assaggiare i vini del nuovo mondo, vi farò sapere...........

sabato 9 maggio 2009

I maya, il futuro, la birra americana

La birra americana: un mondo ricco, curioso, affascinante, come spero se ne siano accorti coloro che hanno guardato il breve filmato da me postato recentemente. Filmato prodotto da Greg Koach, "guru" e co-fondatore della Stone Brewing Company, di Escondido (San Diego), California (http://www.stonebrew.com/). Dal mondo della musica e della sua produzione a Los Angeles, nel quale entrambi lavoravano, i due si gettano a capofitto nella produzione di birra, in maniera artigianale dal 1989, sistematica dal 1996. Nonostante i pochi anni di produzione (solo 13, nel mondo della birra una inezia), il birrificio Stone riscuote un grandissimo successo di pubblico e di critica. Imponente la loro varietà produttiva: una decina le birre “stabili”, almeno 5 quelle “speciali”.
E proprio di una loro birra, o meglio, di un loro progetto (birrario) speciale volevo parlare in questo post.
Il progetto Vertical Epic .
Hanno cominciato il 2 febbraio del 2002 (02.02.02), finiranno il 12.12.12; il loro è più di un piano triennale, è decennale: 10 birre brassate, una birra per anno, una sola volta l’anno, sempre un giorno e un mese dopo la data del brassaggio precedente, e da assaggiare tutte insieme all’ultima. Per festeggiare la fine dei tempi, come il calendario Maya sembrerebbe affermare (per chi fosse curioso, qui un esauriente approfondimento http://www.almack.ch/2006/4/29/cosa-accadr-nel-dicembre-2012-approfondimento). L’idea è spettacolare, il progetto incuriosisce ed è sostenuto da un bel lavoro di merchandising, compreso le degustazioni in itinere da parte dei mastri birrai della Stone, tutte rigorosamente riportate sul sito.
Ogni anno la Stone, per la sua vertical Epic, si ispira ad una birra o ad uno stille birraio particolare. Il 2008 è l’anno delle Belgian Gold Ales, dopo la folgorazione sulla via di … Bruxelles, dovuta all’assaggio di una Duvel tripel hop. Da qui l’idea di fare una triple molto luppolata. E ci si mettono d’impegno, usando malto pale e flave oats, zucchero candito chiaro e scuro, e un trionfo di luppoli: Simcoe, Amarillo, Ahtanum, insieme al lievito White Labs, il tutto per una birra da 65 IBU (è l'unità con la quale i fabbricanti di birra misurano l'amarezza del loro prodotto; 65 è un valore alto, molto sopra la media). E' la birra che ho avuto la "ventura" di assaggiare, una birra che si è fatta molto apprezzare.
La si potrebbe “quasi” definire una XX bitter, con luppoli americani, che le conferiscono una notevole pulizia e una freschezza aromatica di tutto rispetto. Di un bel giallo, rotondo e carico, dalla testa di schiuma all’inizio abbondante, poi scarsa ma stabile, con le bollicine tipo champagne che piano piano salgono dal fondo del bicchiere. L’aroma è floreale e speziato, molto speziato, grazie anche ad un lievito ricco e vivace. Chiodi di garofano, pepe, pompelmo, miele e anche zucchero candito: un bel naso da triple, anche più ricco e vario di una belga, Il corpo è rotondo, non molto frizzante, all’inizio anche abboccato, poi il luppolo irrompe e la rende nettamente amara, senza essere troppo astringente. E’ un amaro pulito, di luppolo non contrastato, che aiuta anche nella pulizia gustativa, arricchita da sensazioni di frutta bianca matura (mela e banana) e un che di esotico, ma leggero e sfuggente. Finisce calda e moderatamente alcolica, con una bella sensazione di rotondità.
Oltre ad essere un bel progetto, quella della Stone è anche una bella birra, difficile da trovare qui da noi. Ma mai arrendersi ....

Thankyouverygrazie

Ringrazio volutamente in maniera "pubblica" per i lusinghieri apprezzamenti ricevuti alla fine del secondo corso di avvicinamento alla cultura birraria, fatto per i Winelovers & friends. Come sempre, è stato un piacere: il piacere di far nascere una curiosità, di socchiudere le porte di un mondo grande e variegato come quello birrario, di offrire "spiragli" gustativi, e non solo. In un passato anche abbastanza recente i due mondi, quello degli amanti del vino e quello degli appassionati della birra, si sono guardati in cagnesco, cercando anche di elidersi l'un l'altro: penso, e spero, che questo appartenga ormai solo ad un passato fatto di ignoranza (nel senso di mancanza di conoscenza) e arroganza, che, fortunatamente, una diffusa iniezione di conoscenza ha contribuito a rendere obsoleto. C'è posto per tutti, la "robba bbuona" è "robba bbuona", che il palato e la testa educati riescono sempre a riconoscere ed apprezzare. Alla prossima .... bevuta.

La notte dell'Amarone


E venne la notte dell’ Amarone. E di Alberto Vaona, produttore e vignaiolo in Valpolicella, competente anfitrione ai segreti di Amarone e Recioto, i gioielli della casa.
La degustazione, nella suggestiva cornice della Tenuta Cantagallo si apre con il Valpolicella classico. Un vino a dir poco “didattico”: spigoloso, acre, “scontroso” come ci dice lo stesso Alberto. Quello che sarebbe un amarone se non fosse appassito. Buono per gli antipasti, per cancellare totalmente il sapore del boccone precedente: ma certo non per essere bevuto da solo. D’altronde Corvina, Corvinone, Molinara e sopratutto Rondinella (più abbondante nel Valpolicella per riservare Corvina e Corvinone, più adatti all’appassimento, all’amarone) i vitigni autoctoni della zona, non sono fatti per creare un vino armonioso ed equilibrato senza un adeguato trattamento in cantina.
Ma già col risotto (guarda caso all’amarone) la musica cambia. Accompagnati dalla descrizione di Alberto, abbiniamo un valpolicella superiore”Ripasso”. Cosa significa? Ripassiamolo. E’un valpolicella già appassito un po’ in cassetta e poi ad aprile “ripassato” sulle vinacce dell’Amarone, dove acquisisce profumi e gradi. E’ un 2006 e ne ha 14,5. Mica male, sotto tutti gli aspetti, anche degustativi.
E poi il clou della serata. Brasato all’amarone con il “pegrandi”, il miglior cru dell’azienda, un amarone che si scioglie in bocca e scioglie i cuori dei presenti. Da sorbire goccia dopo goccia. Azzeccatissimo ovviamente l’abbinamento. I quattro mesi di appassimento si sentono tutti, mentre invece i 15,5 (!) gradi quasi passano inosservati al palato (forse ai ginocchi un po’meno) grazie all’equilibrio e alla finezza del vino.
E infine, rullo di tamburi, l’orecchiuto recioto. Orecchiuto perchè “recia” in veronese è l’orecchio del grappolo, la parte migliore, la più esposta al sole, da cui un tempo si ricavava il Recioto. Adesso si usa tutto il grappolo, ma questo vino è comunque l’orgoglio della famiglia Vaona: si fa solo nelle annate migliori. Abbiamo assaggiato un 2006, ma dal 2000 in poi hanno commercializzato solo 2005 e 2003 oltre a quello in degustazione. Vino dolce, ma non troppo, corposo, ricco di profumi, frutta in primis, e dai tannini poco invasivi. Si abbina non troppo bene alla crostata della sera. Meglio forse sui formaggi erborinati. Ma non è facile da sposare. Certamente è un signor vino. Amato dai Veronesi e dagli inglesi, semi sconosciuto altrove. Servito a mio parere un po’ troppo freddo per assaporarne al meglio i profumi, ma ad Alberto piace così e, si sa, “de gustibus...”, sopratutto quelli del proprietario, con quel che segue.
Ognuno ha diritto alle sue opinioni, come quel signore che, ci raccontavano i nostri commensali che lavorano nella grande distribuzione, dopo l’acquisto, è tornato furente al supermercato per lamentarsi del Tavernello che “sapeva di tappo”. E’ stato prontamente accontentato con la sostituzione del prodotto. Il cliente ha sempre ragione. E poi stappare un tetrabrick a volte è proprio una faticaccia.

giovedì 7 maggio 2009

Un vino da segnalare

Vi piacciono i vini francesi? Vi piacciono i vini bianchi che presentano un bel corredo minerale? Bene allora potete assaggiare lo Chablis Servin 2007, un bianco d'autore.

Il vitigno principe della zona dello Chablis è lo chadonnay e presenta caratteristiche specifiche grazie al particolare terroir dovuto a clima, suolo e impianti.

Il suolo dell'area di Chablis è infatti ricco di gesso - esattamente come quello della Champagne - una qualità che conferisce ai suoi bianchi i caratteristici aromi e sapori minerali di pietra focaia ed altre mineralità.

Ieri sera durante il corso abbiamo assaggiato questa etichetta che ci ha dato delle sensazioni gusto-olfattive veramente interessanti, trasmettendo perfettamente l'idea, a chi non lo aveva mai assaggiato, dello stile di questi vini.

E un vino che offre una grande acidità assieme alla sapidità ed è capace di sostenere lunghi invecchiamenti, si può arrivare anche a 20 anni per certe etichette.

Se vi capita, assaggiatelo e poi date il vostro parere. I prezzi sono molto variabili e dipendono dalla classificazione, ma per esempio quello citato costa sui 20 euro e li vale davvero tutti.


martedì 5 maggio 2009

Finito il corso, w la birra....



Detto da me sembra una parolaccia ma invece con la conoscenza cresce sempre la passione.
Grazie a Mr. Alberto Laschi (il birrologo) devo dire che personalmente ho fatto un gran passo in avanti verso questo universo a me sconosciuto. Citando il film Blade Runner posso dire: ho assaggiato birre che voi umani non potreste nemmeno immaginare....
E' difficile all'inizio lo confesso, chi viene dal vino ha una barriera fatta esenzialmente di presunzione da superare, ma fatta la prima forzatura dopo è tutto molto facile.
Chi ama il gusto del bere, al di là delle ciofeche che si trovano sia nel vino che nella birra, può davvero trovare grandissimi prodotti, con una grande storia, una grande tradizione e produzione alle spalle. Le birre trappiste del mio caro relatore mi hanno entusiasmato e ho voluto metterle alla prova su abbinamenti suggeritiche mai avrei pensato e il risultato è stato ottimo.
Mi sono convertito? Giammai! Ma adesso ho una passione in più e una nuova zona della cantina dedicata. E poi francamente non è che la birra non mi piacesse, è che la birra di qualità rispetto alla classica da scaffale del supermarket, non è diversa, è proprio un altra cosa!
Meditiamoci su e cerchiamo almeno di campare bene non occore 100 anni...........

venerdì 1 maggio 2009

Buono, buonissimo e troiaio....



Oggi 1 maggio non si lavora, e allora mi diletto nel leggere i 13456 blog sul vino, solo quelli italiani, e scopro che i blog esistono per i seguenti motivi:
1) fa figo
2) il neosgarbismo, l'importante è litigare, anche se non si sà di cosa.....
3) mostrarsi espertoni , pseudo intenditori che raccontano le loro mega degustazioni impossibili
4) far finta di essere giornalisti
5) riciclarsi perchè giornalisti falliti
6) promuoversi come azienda
7) sponsorizzare segretamente produttori di vino
8) sponsorizzare le mitiche uniche grandi guide e sommelier
Però poi si trovano (pochi ma buoni) anche siti/blog di reale interesse e serietà. Alcuni li trovate linkati in queste paginette.
E noi come ci poniamo? In Effetti facciamo auto-promozione delle nostre iniziative, parliamo bene talvolta di alcuni produttori, ci poniamo quesiti esistenziali da santi bevitori, ecc..
Poi come qualcuno ci ha scritto, prima parliamo male delle guide, poi le seguiamo: ha fatto scalpore che il nostro buon andrea biagioni abbia usato una nota guida e scelto lì il ristorante della gita fuoriporta, ma solo perchè indicava che aveva un bellissimo balcone caro anonimo......
Insomma noi come ci collochiamo? Beh! credo sia giusto essere onesti, almeno personalmente.
Io lavoro nel mondo dell'enoturismo, organizzo cene e corsi come attività e per primo mi metto a pensare al conflitto di interesse prima di scrivere un post, ve lo assicuro.
Ma credo sia verificabile che il mio unico grande interesse in questo blog e che, francamente, mi può aiutare nel lavoro è solo la maggior diffusione della cultura del vino e dell'enogastronomia in genere, e di una coscienza critica da consumatore che permetta alla qualità nel vino e nei servizi di imporsi sul mercato.
Sono sfinito nel rincorrere gli appassionati che credono pagando 400 euro per un corso base di capire qualcosa di vino, di spiegare che si beve il vino non l'etichetta e tante altre banalità imposte dal marketing. Quindi avanti così, almeno qui diciamo quello che si pensa, senza censure e senza paura .
Ogni tanto mi chiedo: non aveva forse ragione un grandissimo delegato ais ( lui assaggiava i vini più che parlarne...) che diceva " i vini? e' semplice ci sono quelli boni, quelli bonissimi e poi i troiai!"
Bello eh! ma poi i blog che fine fanno? Quindi noi continuiamo a fare il bar sport, almeno ci salveremo come circolo anziani.....
p.s. dimenticavo una categoria importantissima, gli incociatori di autoreferenze; io scrivo bene di te, tu di me, lui lo stesso, noi di loro e loro di noi........

bei tempi...