venerdì 10 aprile 2009
Vinitaly: i saggi assaggi
Tre figure (o figuri) si aggiravano giovedì a Verona negli stand del Vinitaly. Scarpe da ginnastica, abbigliamento informale e una mission very possible: degustare a tutto spiano...
Senza limiti, ma con saggezza e metodo. Lontani dalla folla (giovedì fortunatamente non troppo avvolgente e insinuante) e dai soliti baroli/barbareschi, amaroni e bianchi del nord-est. Niente grandi nomi e niente –aia. E neanche toscani (ci sono tante occasioni durante l’anno per assaggiarli),con qualche debita e valida eccezione. Per un paio di brunelli “ammirati” recentemente al Lido una visita di controllo era d’obbligo. Verificare anzitutto.
E allora eccovi qua, cari enonauti, un pezzo a sei mani per bottiglia e orchestra che percorre sopratutto le vie del sud per verificare e testare la crescita qualitativa, sempre più arrembante, dei vini del meridione
Con una partenza spumeggiante però. Per anestetizzare l’uggia della giornata piovosa e lo stress dei parcheggi, già ampiamente descritti nel post precedente, cominciamo con le bollicine della Franciacorta, tutte rigorosamente Metodo Classico.
Ca'del bosco anzitutto. Non tradisce mai: profumi leggeri di lievito e in bocca bollicine molto fini che aumentano il piacere. E poi l’ottima & conosciuta azienda Ferghettina, pluripresente nei nostri corsi sulla serate dedicata alle bollicine. Buona tutta la produzione, millesimati, rosè e Satin; quest'ultimo grazie alla ridotta pressione è veramente un velluto, quasi una crema in bocca. Gli altri sono molto profumati e anche sostanziosi al palato. Lunga persistenza per il Saten e anche per la versione brut.
Segnaliamo per la piacevolezza anche il Saten dell’azienda Villa, morbido e floreale.
Scendendo al sud, schiviamo di proposito i soliti noti con i loro megastand (perché sempre grande fila da loro e poca gente dai piccoli “grandi” produttori, vera risorsa di questo settore?) Obbiettivo Taurasi,il Barolo del Sud. Primo stand, un produttore conosciuto, Vincenzo Mollettieri con il suo Vigne Cinque Querce, riserva compresa: struttura e tannicità notevoli tipiche del vitigno Aglianico.
Poi un plebiscito a tre voci per le cantine Antonio Caggiano. Gentilezza e disponibilità del produttore anzitutto (con noi nella foto in alto) e poi il Taurasi 2004 , un futuro grande vino: profumi di fruttato, vaniglia e note di liquirizia. In bocca si sente una struttura importante ma misurata per questa tipologia di vino, con finale leggermente e piacevolmente amarognolo. Caldo e potente quindi ma dotato di una sorprendente morbidezza ed equilibrio.
E grande persistenza, nulla da invidiare ai grandi rossi del nord, anzi.... La rivelazione della giornata
Apprezzabile anche il Taurì 2006, il prodotto più giovane, dal caratteristico sentore di vernice.
E poi ancora più giù, in Sicilia, guidati dal Gran Figuro, recente visitatore degli ameni luoghi, dove abbiamo scoperto con genuina meraviglia il vero Nero d’Avola, quello che dopo un bicchiere ti invoglia al secondo e al terzo. Insomma va giù che è un piacere, non come accade con certe etichette di grande diffusione nel centro Nord. La migliore sorpresa della giornata veronese.
Da Elorina, azienda semisconosciuta, abbiamo assaggiato tre Neri al bacio a cominciare dal Pachino, morbido ed equilibrato, dal grandissimo rapporto qualità-prezzo, così come le altre due etichette della Cantina di Modica dove ci siamo gustati anche un intrigante Nero d’Avola passito, il Dolcenero.
Successivo passo, lo stand della Puglia. Meno gente e qualità, d’acchito, inferiore. Non entusiasmanti i Negroamaro e neanche un Nero di Troia con tanti “bicchieri” ma poca personalità, esattamente come un rosso campano anch’esso pluripremiato ma standardizzato. E sopratutto carissimo. Niente nomi nè cognomi, non è nel nostro stile; torniamo in Puglia: più interessante il Primitivo di Soloperto, soprattutto l’etichetta Centofuochi.
Non è mancato, dicevamo all’inizio, un raid in terra natia.
Assaggi pochi ma buoni con 2 brunelli veramente eccellenti.
L'Azienda Agricola Pietroso ad esempio, sia con il Rosso che con il Brunello nelle annate 2003 e 2004. Il 2003, pur con un annata calda esprime dei profumi netti e puliti di frutta a bacca rossa, quindi la classica ciliegia assieme ad un tostato di buon legno: il vero sapore del brunello.
L'altro montalcinese da segnalare è quello fatto da Franco Pacenti "Canalicchio", che ci ha davvero conquistato, franco il produttore, franco il suo vino che, anche se ancora giovane esprime già un bouquet tipico e in bocca è ampio, avvolgente, saporito e con i tannini giusti da grande vino.
Ottimo anche il Chianti Rufina Riserva Fattoria di Colognole, Gusto pieno, caldo e avvolgente, con le inconfondibili note di frutti rossi e neri del Sangiovese, attutite ma non sovrastate dalla morbidezza nata da un sapiente affinamento in botti di rovere. E lungo, stupendamente lungo in bocca.
Restando in zona, godibile anche il Dreolino Riserva, dell’omonima azienda: buon equilibrio alcol-tannini e palato morbido.
Per finire in dolcezza, una scappata allo stand di Coffele, produttore veneto dei dintorni di Soave.
Anche qui abbiamo trovato simpatia e gentilezza e un valido Recioto di Soave, non super intenso al naso, ma di grande persistenza in bocca.
Ok anche i bianchi, soprattutto il Cà Visco. Il Soave sta crescendo.
Ma non solo il Soave. Ci siamo accorti che il vino migliora davvero ogni anno e, al di là della crisi, moltissimi produttori hanno scelto la qualità. Complimenti a loro. E a noi che ce la siamo goduta, in barba al tempo e, come diceva Benigni, al grande problema di Verona: il “tciaffico”.
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