domenica 19 aprile 2009

Pensando al vino



Comincio da questo post una riflessione meno retorica e populista possibile sul vino. Tengo a precisare che non è un processo mediatico, non è un report giornalistico e nemmeno voglio esprimere un pensiero politico.
E' solo una mia personale riflessione su quello che è diventato l'universo vino e sul ruolo attivo di noi consumatori appassionati. Questo post è solo l'inizio.


Dopo l'ultima degustazione, a botta calda, devo affermare che le occasioni per sentire i vini prodotti con i vitigni autoctoni sono sempre troppo poche. Sabato, infatti, ho avuto veramente la possibilità di fare un esercizio di memoria e ritrovare un gusto del vino che è sempre più raro, l’ennesima conferma di un’altra grande ricchezza italica che rischiamo di dimenticare:
Finalmente si sono sentiti vini corposi e leggeri, morbidi e meno morbidi, equilibrati e squilibrati, tannici e non, ma tutti con un gusto proprio della tipologia e senza contaminazioni.
Questa è la bella sensazione personale. Poi la Ribolla gialla o il Pecorino può piacere o no, ma è fondamentale conoscerne prima il reale sapore.
Sì dico sapore e non per sbaglio, perché è questa l’unica cosa che conta alla fine, al di là di tanti tecnicismi. Quante volte nelle degustazione si assaggiano 10-15 vini della stessa docg di diversi produttori e alla fine abbiamo sentito sempre la stessa roba? Spesso, troppo spesso.
L’argomento è trattato e ritrattato da giornalisti specializzati, guide, sommelier, ecc. perché è “moda “ attaccare il gusto internazionale, ma poi che succede? Che gran parte della stampa e di tutti quelli nominati sopra, il gotha del vino, continuano a premiare e parlare dei vini definiti erroneamente di gusto internazionale. Erroneamente, perché in realtà si dovrebbe definirli “i vini dal gusto omologato che piacciono tanto al mercato”. Certo è, che i vini vanno venduti, ma attenti a non perdere le caratteristiche uniche di qualità e gusto dei vini italiani. Ed invece…..
Faccio un esempio culinario così non si offende nessuno.
L’Italia è la patria degli spaghetti, fatti con il grano duro, cotti al dente: è la nostra tradizione di qualità. Si osserva però che nel mondo, soprattutto anglosassone piacciono molto gli spaghetti scotti e di grano tenero per i motivi più strani che ci possono essere.
Per vendere anche a loro cosa possiamo fare allora? Semplicemente abbiamo due strade credo: li educhiamo al gusto facendo capire come e perché i nostri prodotti vanno consumati in un certo modo, oppure gli diamo ragione e produciamo spaghetti mollaccioni, poi ci abituiamo anche noi a mangiarli scotti, magari con il burro di noccioline come condimento……
Bene nel vino molti hanno scelto la seconda strada…… ed è follia.
Perché non la fiorentina carbonizzata invece che al sangue? A loro piace così…..
Ridateci il sangiovese ignorante please, la frutta sciroppata lasciamola agli altri…….
Un po’ di sano nazionalismo ogni tanto, la nostra qualità alimentare forse non è per tutti!
Io mi sono adeguato alla cara coca-cola che mi sfonda lo stomaco ora devo anche bere vini muscolosi e indigeribili che hanno il sapore del legno bagnato? Che sono magari “arricchiti” di sostanze coloranti o peggio? E poi si parla di intolleranze alimentari….
Concludendo, invece di strizzare la bocca quando sentite un vino vero e non addomesticato riflettete su come possa essere apprezzato proprio per questo. Invece di andare a comprare/assaggiare vino leggendo i giudizi dei presunti guru che campano alle spalle di tutto il sistema vitivinicolo e dei consumatori, liberate i produttori seri dalla “schiavitù” di dover fare i vini per avere 3 forchette, 5 stelline, 18 capperi o 149 bollini ciquita necessari per vendere sul mercato, e acquistate da loro.
Il consumatore deve scegliere per il suo gusto e la sua salute, non il marketing…….

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