Ci eravamo lasciati con i celti, che a partire dal I secolo d. C., danno un’accellerata alla tecnica produttiva della birra: utilizzano pietre riscaldate per la cottura, introducono l’uso di botti di legno per la conservazione, aromatizzano le proprie birre, “inventano” una pozione a base di birra ed idromele, e i Druidi (i loro sacerdoti) creano un'infusione magica dai poteri curativi impiegando la salvia, mescolata al mosto di birra (è questa la magica bevanda di Asterix!).
E piace, a loro, la birra, e non solo a loro: con la progressiva conquista da parte delle popolazioni Germaniche dell’Europa, la birra si afferma come la bevanda più diffusa. Alla Chiesa nascente però la birra piace meno: fino al VI secolo, infatti, la chiesa romana vede nel consumo di birra una vera e propria adesione a riti e tradizioni pagane, per questo la considera una bevanda di serie B, relegandola “moralmente” in un angolo. Le

La produzione di birra monastica debutta nel 770 circa, nell'Abbazia di Gorze nella regione della Mosella. Nel monastero di S. Gallo (Svizzera), fin dall’820, si producevano già tre tipi di birre: la “prima melior”, la più ricca di malti e zuccheri e riservata agli ospiti illustri; la “secunda”, meno ricca e riservata ai monaci (che potevano berne fino a 5 “misure”); la “ tertia”, offerta in elemosina ai pellegrini e ai mendicanti. I monaci perfezionano i metodi di brassaggio e ne rimangono, fino almeno al XII - XIVI secolo, gli esclusivi detentori delle conoscenze e delle tecniche. E’ di una suora, Hilgedard von Bingen (1098-1179), botanica (fra le altre cose) dell'Abbazia di St. Rupert in Germania, la scoperta delle qualità particolari del luppolo, fino ad allora mai usato per la produzione birraria; ne sottolinea la capacità di arrestare la putrefazione del mosto di birra, allungandone la vita, e di conferire alla birra un gusto più fresco ed asciutto. Si ritiene che i monaci dell’Europa centrale siano state i primi a sfruttare su larga scala la scoperta della monaca tedesca: e non erano pochi. All'epoca della loro massima diffusion

La produzione birraria dei monaci continua regolarmente fino alla rivoluzione francese, che spazza via più dell’80% delle residenze monastiche in Europa. La successiva rivoluzione industriale e le nuove leggi del mercato penalizzano sempre di più la residua produzione, rigorosamente artigianale, dei monaci, che si defilano sempre di più dal contesto produttivo generale. Si defilano, ma non si eclissano: questo grazie ad un piccolo gruppo di benedettini, i “duri e puri” Padri Trappisti dell’ Ordine dei Cisterciensi della Stretta Osservanza. Delle 20 e più abbazie produttrici di birre che potevano vantare in tutta Europa prima della rivoluzione francese, ne restano non più di otto, ma toste, che producono (grazie a Dio!) ostinatamente splendidi esempi di bir

• La birra deve essere prodotta all'interno delle mura di un'abbazia trappista, da parte di monaci trappisti o sotto il loro diretto controllo.• La produzione, la scelta dei processi produttivi e l'orientamento commerciale devono dipendere dalla comunità monastica.• Lo scopo economico della produzione di birra deve essere diretto al sostentamento dei monaci, alla beneficienza e non al profitto finanziario.
E in Italia? Le birre trappiste arrivano anche da noi, e ne parlerò più diffusamente in altri post; e da un po’ c’è un interessante esperimento, quello dei monaci della Cascinazza …..
(Per chi volesse approfondire l’argomento, qui di seguito i link delle tre sezioni del report storico più ampio che ho fatto per il blog inbirrerya:
http://inbirrerya.blogspot.com/2007/09/i-trappisti-e-le-birre-parte-1.html
http://inbirrerya.blogspot.com/2007/09/i-trappisti-e-le-birre-parte-2.htmlhttp://inbirrerya.blogspot.com/2007/10/i-trappisti-e-la-birra-parte-3.html
Alberto
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