Non è un vero e proprio paese dei "balocchi", Bra, ma nel fine settimana scorso è stato il vero e proprio Paese di Bengodi per tutti gli amanti del formaggio, e non solo. Come avviene ogni due anni, nelle strade di Bra, sede storica da sempre di Slowfood, viene organizzata questa manifestazione/monstre dedicata al formaggio, Cheese per l'appunto. Sono stato fra i 160.000 visitatori (stima ufficiale ad oggi dell'ufficio stampa della manifestazione) di questa edizione, la seconda per me, e come sempre mi succede quando partecipo ad un grande evento organizzato da Slowfood, le impressioni sono contrastanti.
Intanto un po' di numeri: il ponderoso elenco degli espositori, che occupa tredici pagine della brochure (qui l'elenco completo), tutti posti in due enormi stand all'inizio del paese, nello spazio denominato il "Mercato dei formaggi"; 60 presidi di slowfood in rappresentanza di 10 paesi e 3 continenti che hanno messo in mostra in una strada a loro solo dedicata i propri prodotti ormai più che di nicchia; la Gran Sala dei Formaggi con 183 prodotti provenienti da tutto il mondo, da assaggiare con uno o più calici di vino (qui la lista); la Piazza della Birra con 16 stand di altrettanti birrifici artigianali (veramente a tre o quattro di loro l'aggettivo "artigianale" non si addiceva per niente); una Birroteca con 110 birre da poter assaggiare (qui la lista); una Enoteca, posta nella gran sala dei formaggi, fatta di 873 etichette (qui la lista), con in più altri spazi dedicati ad altri vini in tutto il paese; il "cibo di strada" e i "chioschi di degustazione" per rifocillarsi con cibo di qualità (focaccia di Recco, bombette pugliesi, pizza verace napoletana, pasta fresca ripiena di formaggi, panini e stuzzichini "di classe"); laboratori del gusto, master of food e appuntamenti a tavola di alta classe.
Mostruoso: è il primo aggettivo che viene in mente. Di tutto, di più, in spazi relativamente dilatati (Bra è grande suppergiù come il Poggio a Caiano) ma che si affollano inevitabilmente nei punti nevralgici. Grande, grande qualità e ricchissima diversità, sia nel mondo del formaggio che in quello del vino. Prodotti stupefacenti (parlo dei formaggi) anche perchè di nicchia: la biodiversità che si fa persone, che ti spiegano il loro prodotto, come lo fanno, da quanto lo fanno. L'orgoglio di non essere produttori "grandi", l'attenzione e la cura nel preservare tradizioni e cultura, la fierezza di esserci riusciti.
Questa la "faccia buona" dell' evento, e, devo dire, il grande merito di Slowfood: tutelare, dopo averlo riscoperto e valorizzato, il prodotto locale, frutto di tradizioni secolari.
Ma, ed è già la seconda volta consecutiva che mi capita, dopo il Salone del Gusto di Torino dello scorso autunno, c'è anche l'altra faccia della medaglia. Paghi tutto ciò che "tocchi", e non a prezzi popolari: mentre prima potevi assaggiare molto di più (di fatto sono due eventi, Cheese e il Salone, fatti per "mettersi in mostra"), adesso gli espositori/produttori hanno un po' il "braccino corto", ti fanno assaggiare, spesso, solo se intuiscono che poi tu compri. I presidi poi, a livello di prezzi, sono quasi inavvicinabili. Avranno anche venduto (nella Gran Sala del formaggio) 900 kg. di formaggio e 9000 bottiglie di vino, ma le modalità di accesso e fruizione dei prodotti erano, oltre che macchinose, anche "orientate" commercialmente. Per una pizzetta napoletana pagavi tre euro, per tre ritagli di focaccia cinque, per i gustosi panini fatti di prodotti sfiziosi altri cinque. Per non parlare del vino, che però io non bevo. La birra della birroteca era relativamente a buon prezzo, ma ho saputo "in loco" che c'era sotto uno "sgamo" pro-Slowfood.
Non per fare il purista, ma mi sembra che Slowfood stia correndo sempre più il rischio di infilarsi in un veroe proprio processo di "ibridazione": accanto al sostegno quasi "a fondo perduto" dei prodotti a rischio estinzione, un occhio fin troppo attento alle leggi e alle logiche di mercato.
Fa fede, in questo, la lista degli sponsor della manifestazione, visibile nella parte inferiore del sito dedicato alla manifestazione: che "c'azzeccano" questi, direbbe qualcuno, con tutto il resto?
Arrivando alla birra presente a Bra, le "solite" conferme qualitative: Troll, Birra del Borgo, Maltus Faber, Cittavecchia, Olmaia. Gli altri sotto la media, presenti, forse, solo perchè della zona piemontese. Anche nella Birroteca la metà dei prodotti non valeva la spesa, mentre l'altra metà (da me setacciata con cura) era di un livello eccellente.
L'unica cosa stonata, per la birra? Lo stand della Forst posto "casualmente" all'inizio del paese, "incastonato" ad arte fra i due grandi padiglioni dedicati al formaggio: una volta usciti dal tourbillion caseario, assetati e con l'acquolina in bocca, difficile resistere a lungo al richiamo della fresca e bionda Forst. Le altre birre distavano almeno 6-700 metri da lì.
Un caso?
Intanto un po' di numeri: il ponderoso elenco degli espositori, che occupa tredici pagine della brochure (qui l'elenco completo), tutti posti in due enormi stand all'inizio del paese, nello spazio denominato il "Mercato dei formaggi"; 60 presidi di slowfood in rappresentanza di 10 paesi e 3 continenti che hanno messo in mostra in una strada a loro solo dedicata i propri prodotti ormai più che di nicchia; la Gran Sala dei Formaggi con 183 prodotti provenienti da tutto il mondo, da assaggiare con uno o più calici di vino (qui la lista); la Piazza della Birra con 16 stand di altrettanti birrifici artigianali (veramente a tre o quattro di loro l'aggettivo "artigianale" non si addiceva per niente); una Birroteca con 110 birre da poter assaggiare (qui la lista); una Enoteca, posta nella gran sala dei formaggi, fatta di 873 etichette (qui la lista), con in più altri spazi dedicati ad altri vini in tutto il paese; il "cibo di strada" e i "chioschi di degustazione" per rifocillarsi con cibo di qualità (focaccia di Recco, bombette pugliesi, pizza verace napoletana, pasta fresca ripiena di formaggi, panini e stuzzichini "di classe"); laboratori del gusto, master of food e appuntamenti a tavola di alta classe.
Mostruoso: è il primo aggettivo che viene in mente. Di tutto, di più, in spazi relativamente dilatati (Bra è grande suppergiù come il Poggio a Caiano) ma che si affollano inevitabilmente nei punti nevralgici. Grande, grande qualità e ricchissima diversità, sia nel mondo del formaggio che in quello del vino. Prodotti stupefacenti (parlo dei formaggi) anche perchè di nicchia: la biodiversità che si fa persone, che ti spiegano il loro prodotto, come lo fanno, da quanto lo fanno. L'orgoglio di non essere produttori "grandi", l'attenzione e la cura nel preservare tradizioni e cultura, la fierezza di esserci riusciti.
Questa la "faccia buona" dell' evento, e, devo dire, il grande merito di Slowfood: tutelare, dopo averlo riscoperto e valorizzato, il prodotto locale, frutto di tradizioni secolari.
Ma, ed è già la seconda volta consecutiva che mi capita, dopo il Salone del Gusto di Torino dello scorso autunno, c'è anche l'altra faccia della medaglia. Paghi tutto ciò che "tocchi", e non a prezzi popolari: mentre prima potevi assaggiare molto di più (di fatto sono due eventi, Cheese e il Salone, fatti per "mettersi in mostra"), adesso gli espositori/produttori hanno un po' il "braccino corto", ti fanno assaggiare, spesso, solo se intuiscono che poi tu compri. I presidi poi, a livello di prezzi, sono quasi inavvicinabili. Avranno anche venduto (nella Gran Sala del formaggio) 900 kg. di formaggio e 9000 bottiglie di vino, ma le modalità di accesso e fruizione dei prodotti erano, oltre che macchinose, anche "orientate" commercialmente. Per una pizzetta napoletana pagavi tre euro, per tre ritagli di focaccia cinque, per i gustosi panini fatti di prodotti sfiziosi altri cinque. Per non parlare del vino, che però io non bevo. La birra della birroteca era relativamente a buon prezzo, ma ho saputo "in loco" che c'era sotto uno "sgamo" pro-Slowfood.
Non per fare il purista, ma mi sembra che Slowfood stia correndo sempre più il rischio di infilarsi in un veroe proprio processo di "ibridazione": accanto al sostegno quasi "a fondo perduto" dei prodotti a rischio estinzione, un occhio fin troppo attento alle leggi e alle logiche di mercato.
Fa fede, in questo, la lista degli sponsor della manifestazione, visibile nella parte inferiore del sito dedicato alla manifestazione: che "c'azzeccano" questi, direbbe qualcuno, con tutto il resto?
Arrivando alla birra presente a Bra, le "solite" conferme qualitative: Troll, Birra del Borgo, Maltus Faber, Cittavecchia, Olmaia. Gli altri sotto la media, presenti, forse, solo perchè della zona piemontese. Anche nella Birroteca la metà dei prodotti non valeva la spesa, mentre l'altra metà (da me setacciata con cura) era di un livello eccellente.
L'unica cosa stonata, per la birra? Lo stand della Forst posto "casualmente" all'inizio del paese, "incastonato" ad arte fra i due grandi padiglioni dedicati al formaggio: una volta usciti dal tourbillion caseario, assetati e con l'acquolina in bocca, difficile resistere a lungo al richiamo della fresca e bionda Forst. Le altre birre distavano almeno 6-700 metri da lì.
Un caso?
concordo.... bella manifestazione che soddisfa il professionista e l'amante enogastronomico MA I PREZZI ERANO DA SUITE AL PLAZA ..... ed il colmo è che il tutto era organizzato da SLOWFOOd gira e rigira
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