domenica 11 gennaio 2009

Nobile è la nebbia


È iniziato alla grande, con la regione Piemonte, il corso sui territori del vino. Come dice Andrea nel post precedente gli allievi hanno seguito con attenzione e interesse la prima lezione, ponendo anche varie domande in merito.
La cortesia dei gestori della Bottega del Peruzzi ad Artimino, che hanno messo a disposizione i locali, ha fatto il resto.
L’unico problema riguarda il relatore. Ma ci stiamo lavorando. D’altronde,si sa, la perfezione non è di questo mondo...

Vi offriamo allora un approfondimento sulla lezione appena conclusa. Un omaggio dedicato ai corsisti e a tutti i lettori, sempre più numerosi, del blog. A chi potevamo dedicarlo se non a sua maestà il Nebbiolo?

UN PO’ DI STORIA
È uno dei più grandi vitigni del mondo, ma la sua origine è avvolta nella...nebbia.
Eh, sì perché l’interpretazione prevalente sulla derivazione del nome Nebbiolo è quella che lo fa risalire al sostantivo “nebbia”. Perché l'uva matura tardi, quando le colline dove alligna sono già avvolte dalle prime brume autunnali. E perché gli acini presentano sulla superficie esterna un’abbondante pruina (una speciale cera che, come per le prugne da cui trae il nome, ricopre l'acino ed ha tra l’altro l’ importante funzione di proteggerlo dagli agenti esterni) che rende il chicco grigio-argentato, quasi annebbiandolo.
Ma c’è anche Battista Croce, gioielliere di casa Savoia, che nel suo famoso trattato “Della eccellenza e diversità dei vini che nella Montagna di Torino si fanno e del modo di farli”, del 1606, parla del Nebiol come la migliore tra le uve nere “più eccellenti” e ne fa derivare il nome dall’aggettivo “nobile”. Croce spiega l’affinità con nobile per il fatto che dal Nebiol si ricava un vino generoso, gagliardo e dolce.
E nobile il Nebbiolo lo è per davvero.
Perché tutti ne parlano. Da molto tempo. Già lo citava Columella, scrittore romano del I secolo d.C., autore del più completo trattato sull’agricoltura dell’antichità, il De re rustica. E lo proteggono. Tanto per fare un esempio, nel medioevo gli Statuti lamorresi (La Morra è zona storica per la produzione di Nebbiolo) prevedevano l’impiccagione per chi si fosse reso colpevole della rovina di più di quindici viti nelle proprietà altrui. Un’ enorme severità, che ci fa comprendere quanto questo vitigno fosse diventato assai importante economicamente, quasi prezioso.

VINIFICAZIONE E DINTORNI
Nobile perché viene vinificato quasi esclusivamente in Piemonte. Altrove dà risultati scadenti.
Ha bisogno di cure attente e laboriose ed è ‘molto esigente in fatto di tipo di terreno, della sua giacitura ed esposizione, di lavorazioni e concimazioni. Terreni “forti”, calcarei e tufacei, sono perfetti per questo vitigno.
Germoglia precocemente, verso la metà di aprile, e giunge a maturazione piuttosto tardi rispetto ad altri, verso la metà di ottobre. Abbastanza sensibile agli sbalzi improvvisi di temperatura, vuole o vorrebbe un decorso climatico regolare, per cui va coltivato in posizioni collinari ben esposte al sole, sud sud-ovest, fra i 200 e i 450 m. s.l.m., al riparo delle gelate e dei freddi di primavera.

LE VARIETÁ
Ha tre sottovarietà: Michet (dal nome dialettale “micot”, piccola pagnotta di pane), Lampia, Rosè (che dà vini più scarichi ed è quasi scomparsa), originatesi da mutazioni nel corso dei secoli, diverse per attitudini colturali e capacità produttiva.
La prima, la più rinomata, è caratterizzata da una produzione piuttosto incostante e limitata, per questo motivo la sua coltivazione si sta riducendo nonostante l’ottima qualità. Facilmente riconoscibile per la foglia pentalobata di dimensioni inferiori alla media, il grappolo compatto, piccolo, cilindrico, l’acino tondo di colore violaceo rossiccio, pruinoso.
La seconda,la più diffusa per la buona resa quantitativa e per il vino pregiato che ne deriva, presenta foglia grande, trilobata, grappolo ben sviluppato di forma piramidale allungata, acino tondo, viola scuro, fortemente pruinoso.
Ma l’elenco potrebbe continuare con diversi altri nomi: S. Luigi, Rossi, Bolla, quest’ultima condannata perché troppo produttiva.
Nobile perché è coltivato in poche zone privilegiate e raggiunge soltanto il 3% della produzione vinicola piemontese. Gli ettari vitati sono di poco superiori ai cinquemila, e sono, tanto per dare un’idea, la metà di quelli coltivati a Dolcetto e un decimo circa di quelli coltivati a Barbera.
Nobile perché è la base per grandi vini rossi orgoglio del Piemonte vitivinicolo: a partire da sua altezza il Barolo, per continuare con Barbaresco, Langhe, Gattinara e Ghemme.
Insomma, un vitigno unico.
E se poi capitate in Valtellina e vi offrono un bicchiere di Chiavennasca, occhio al nome e dateci sotto, è Nebbiolo pure quello. È solo il nome di un’altra sua fortunata sottovarietà. Ma siamo già sconfinati in Lombardia e questo è argomento della lezione di mercoledì prossimo.

E, a proposito di lezioni, prima della risposta di fuoco del mitico Bassini, vi annuncio che abbiamo scherzato. Il relatore è stato ovviamente più che all’altezza, “snebbiando” le menti degli astanti da qualsiasi dubbio potesse sorgere in merito ai vini piemontesi.
Alla prossima

1 commento:

  1. Mi associo: grande inizo del corso. Ottima la "location" e la disponibilità e cortesia dei "Bottegai" che hanno messo tutti a loro agio, oltre ovviamente al bravo relatore.
    E poi partire con la partecipazione di Sua Maestà Nebbiolo...che si è presentato sì come un giovanotto dalle maniere ruvide ma in cui già si intravedevano le doti di un futuro da Re elegante.
    Di vini nati pronti ne sentiamo anche troppi così come di vini con profumi e sapori di legnami vari che coprono il tutto.
    ciao

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bei tempi...