domenica 25 gennaio 2009

Piccolo e solo


Nasce da un aborto, ma non ne risente affatto.
Il Picolit, vanto dell’enologia friulana, soffre infatti del cosiddetto aborto floreale. Molti fiori non vengono fecondati. E allora il grappolo rimane assai diradato, spargolo, come si dice in gergo. Con pochi acini, distanti tra loro. Le rese per pianta e per ettaro si fanno bassissime, rese ancor più limitate dalle tecniche adottate per la vinificazione. È anche per questo probabilmente che questo grande vitigno ha subito periodi di oblio alternati a momenti di gloria. Non era abbastanza redditizio per un’economia basata principalmente sulla quantità.
Forse già coltivato in epoca imperiale romana, eclissatosi in seguito e poi riapparso intorno al 700, è nuovamente uscito di scena per tornarvi intorno al 1970 grazie allo sforzo di Giacomo Perusini e suo figlio Gaetano. E restarci, ci auguriamo, indefinitamente.
Perché il “piccoletto” ha carattere. Anzitutto riesce a fare dell’aborto floreale un punto di forza, un modo per ridurre la resa per ettaro e quindi alzare il livello qualitativo della produzione.
Viene coltivato quasi esclusivamente sui Colli Orientali del Friuli e ha ottenuto recentemente la DOCG (Colli Orientali del Friuli Picolit). C’è anche una sottozona particolarmente vocata, la “Cialla”.
Le sue peculiarità vengono esaltate dalla raccolta tardiva delle uve, fatte appassire poi sui graticci fino ad ottenere un mosto molto concentrato. Segue una lunga fermentazione in botticelle di legno.
Nasce così un vino dal colore dorato, oro antico con toni a volte ambrati. Profuma di miele, di crema pasticcera, pesca, albicocca e vaniglia.
È un grande passito, che in bocca dà sensazioni dolci, ma anche acidule. Insomma non appesantisce affatto il palato e non stucca.
L’abbinamento resta controverso e difficile. C’è chi come il Veronelli, lo riteneva quasi esclusivamente vino da meditazione. Chi invece lo abbina, con più scioltezza, a formaggi erborinati e di carattere, come il gorgonzola. Certamente è perfetto col fois gras, cotto brevemente in precedenza nel vino stesso. E anche con le ostriche. Sui dessert è più ostico. Si può tentare il classico abbinamento di zona con la Gubana, un dolce tipico friulano ripieno di noci, uvetta, pinoli,dalla forma a chiocciola. O anche, ultima tendenza, col cioccolato.
E d’altronde anche questa solitaria ritrosia ad accoppiarsi dimostra carattere, di vino altezzoso che si concede a pochi e scelti fortunati. Come i principi e i papi, che in passato l’hanno assai apprezzato. O come il commediografo Goldoni, che lo definiva la gemma enologica più splendente del Friuli. Pochi perché la produzione è ristrettissima, circa 500 ettolitri l’anno. Scelti, perchè la selezione la fa anche il prezzo, decisamente di fascia alta.
Per cui, se volete farvi tentare da questo nettare, occhio alla bottiglia e al produttore. Che sia serio e affidabile altrimenti correte il rischio di trovarvi con un prodotto impuro, mescolato magari al Verduzzo friulano. Buon vino certo. Ma il piccoletto non gradisce. Se ne sta così bene da solo....

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