Anche per le Weizen/Weißbier tedesche (le altre “birre per l’estate”), lo stesso percorso già sperimentato per le biere blanche belghe.
Nome: weizen, weißbier, weisse, berliner weiß, hefe weizen, kristall weizen, dunkel weizen, weizenstarkbier, weizenbock, gose (polinomia che sarà più chiara in seguito).
Luogo di nascita: Remoto: Mesopotamia (protagonisti i Sumeri). Recente (medioevo): Baviera, nella zona adiacente alla Boemia.
Tipologia: Birra ad alta fermentazione, con il lievito che “lavora” fra i 15 e i 20 °C e, salendo fin sulla superficie del mosto di birra, forma una corona bianca di schiuma (weißbier: " birra bianca”). Dal colore biondo/dorato, di solito opalescente per i lieviti in sospensione, decisamente frizzante, ha aroma di lievito e di frutta, spesso di banana (dovuto all’impiego di un particolare ceppo di lievito). E’ un tipologia di birra nella quale l’IBU (la percentuale di amaro) è mediamente molto scarso.
Particolarità: il bicchiere, da 0,50 lt., dalla curiosa forma allungata e dalla non facile gestione durante la sversatura della birra. Nelle riunioni conviviali si usa brindare con il fondo del bicchiere, che è molto spesso. Il modo di accompagnarla: nelle kristall si aggiunge una fetta di limone, e, a volte un chicco di riso; a Berlino se ne fa una variante particolare, alla quale viene aggiunto, a scelta, estratto di limone, lampone e/o asperula.
Storia:
Tutto comincia cinquecento anni fa, quando il Duca Guglielmo IV di Baviera emana il Reinheitsgebot (editto della purezza): prima, nel 1485 per la città di Monaco e dopo, nel 1516, per tutta la Baviera. Di fronte a una serie di scarsi raccolti di grano, anche la birra (di grande uso popolare) aveva visto aumentare di molto il proprio prezzo. L’editto voleva assolvere (nelle intenzioni di chi lo emanava) alla funzione di: garantire per tutti un prezzo accessibile della bevanda, garantire tutti i consumatori che la birra fosse buona e corretta (l’editto infatti obbligava tutti i produttori ad usare solo acqua, orzo e luppolo), creare un vero e proprio “marchio di qualità” della Baviera, con relativi controlli esercitati dalla casa regnante stessa, gli stessi controlli che non ammettevano al commercio altre birre provenienti da fuori della Baviera. Per fare la birra quindi non si potevano impiegare altri cereali, come il grano e la segale, il cui uso era riservato solo ai panificatori. Ironia della sorte, proprio nel luogo dove si emana la legge, si dà vita alla prima, eclatante eccezione. La famiglia regnante della baviera, i duchi di Wittelsbach, “va matta” per una rinfrescante birra già allora chiamata weizenbier (“ birra di frumento”), per la quale si usa il malto di frumento, oltre a quello d’orzo “regolamentare”. In barba all’editto, nel 1520 autorizza quindi un solo produttore, supervisionato dai duchi di Degenberg nel villaggio di Schwarzach (vicino al confino ceco) a produrre questa birra. Nel 1602 muore l’ultimo discendente della famiglia Degenberg, senza lasciare eredi: i diritti (ambitissimi) della produzione della birra ritornano alla casa regnante, e Maximilian I dà il via alla formazione di una vera e propria rete produttiva in tutta la Baviera, che nel corso degli anni arrivò a fornire un terzo di tutte le entrate della Baviera. Fino alla metà del 1800 la weizenbier “regge” sul mercato: poi le consuetudini cambiano, i gusti pure e la politica anche. Tanto che nel 1856 la casa regnante cede i propri diritti birrari alla G. Schneider & Son. Dalla seconda metà del 1900 questo stile di birra ritorna in auge, tanto che ad oggi ci sono fra le 200 e le 250 fabbriche di birra nella sola Germania che producono più di 1.000 birre di questa tipologia.
Quali weizen bere?
Il mercato, anche quello italiano, è ben fornito di questi prodotti, non tutti di grandissimo livello, si deve purtroppo dire. Quasi tutte le più importanti brauerei propongono birre delle diverse tipologie di weizen: quelle scure (dunkelweizen, dunkel in tedesco vuol dire “scuro”) per l’uso di malti tostati, quelle leggermente dorate e opalescenti per la non filtratura del lievito (hefeweizen, “lievito di frumento”), e quelle più limpide (kristallweizen, “cristallo di grano”) e filtrate, da alcuni definite lo "champagne della Baviera". Le più appetibili? Senz’altro tutta la gamma della Schneider, a mio parere il top; birre spettacolari. Subito a ruota le birre della abbazia benedettina di Andechs, tutte molto corrette, alcune birre della Ayinger (per chi non ci fosse mai stato, consiglio vivamente la visita alla spettacolare sede di questa fabbrica con relativo albergo a 30 km. da Monaco), alcune birre della Hacker Pschorr, la Maisel (anche se mi ha un po’ deluso ultimamente), la Dunkel della Erdinger (lasciar perdere il resto), la hefe dunkel della Paulaner (anche la hefe è comunque passabile), la dunkel della Franziskaner (meno diffusa della hefe), la Munchener Kindl e la Schwarz weisse della Hofbrauhaus di Monaco (HB). Queste fra quelle che arrivano da noi: se uno si fa un bel giro in Germania poi trova esempi ancor più spettacolari; ma bisogna fare un giro certosino, quasi porta a porta.
Nome: weizen, weißbier, weisse, berliner weiß, hefe weizen, kristall weizen, dunkel weizen, weizenstarkbier, weizenbock, gose (polinomia che sarà più chiara in seguito).
Luogo di nascita: Remoto: Mesopotamia (protagonisti i Sumeri). Recente (medioevo): Baviera, nella zona adiacente alla Boemia.
Tipologia: Birra ad alta fermentazione, con il lievito che “lavora” fra i 15 e i 20 °C e, salendo fin sulla superficie del mosto di birra, forma una corona bianca di schiuma (weißbier: " birra bianca”). Dal colore biondo/dorato, di solito opalescente per i lieviti in sospensione, decisamente frizzante, ha aroma di lievito e di frutta, spesso di banana (dovuto all’impiego di un particolare ceppo di lievito). E’ un tipologia di birra nella quale l’IBU (la percentuale di amaro) è mediamente molto scarso.
Particolarità: il bicchiere, da 0,50 lt., dalla curiosa forma allungata e dalla non facile gestione durante la sversatura della birra. Nelle riunioni conviviali si usa brindare con il fondo del bicchiere, che è molto spesso. Il modo di accompagnarla: nelle kristall si aggiunge una fetta di limone, e, a volte un chicco di riso; a Berlino se ne fa una variante particolare, alla quale viene aggiunto, a scelta, estratto di limone, lampone e/o asperula.
Storia:
Tutto comincia cinquecento anni fa, quando il Duca Guglielmo IV di Baviera emana il Reinheitsgebot (editto della purezza): prima, nel 1485 per la città di Monaco e dopo, nel 1516, per tutta la Baviera. Di fronte a una serie di scarsi raccolti di grano, anche la birra (di grande uso popolare) aveva visto aumentare di molto il proprio prezzo. L’editto voleva assolvere (nelle intenzioni di chi lo emanava) alla funzione di: garantire per tutti un prezzo accessibile della bevanda, garantire tutti i consumatori che la birra fosse buona e corretta (l’editto infatti obbligava tutti i produttori ad usare solo acqua, orzo e luppolo), creare un vero e proprio “marchio di qualità” della Baviera, con relativi controlli esercitati dalla casa regnante stessa, gli stessi controlli che non ammettevano al commercio altre birre provenienti da fuori della Baviera. Per fare la birra quindi non si potevano impiegare altri cereali, come il grano e la segale, il cui uso era riservato solo ai panificatori. Ironia della sorte, proprio nel luogo dove si emana la legge, si dà vita alla prima, eclatante eccezione. La famiglia regnante della baviera, i duchi di Wittelsbach, “va matta” per una rinfrescante birra già allora chiamata weizenbier (“ birra di frumento”), per la quale si usa il malto di frumento, oltre a quello d’orzo “regolamentare”. In barba all’editto, nel 1520 autorizza quindi un solo produttore, supervisionato dai duchi di Degenberg nel villaggio di Schwarzach (vicino al confino ceco) a produrre questa birra. Nel 1602 muore l’ultimo discendente della famiglia Degenberg, senza lasciare eredi: i diritti (ambitissimi) della produzione della birra ritornano alla casa regnante, e Maximilian I dà il via alla formazione di una vera e propria rete produttiva in tutta la Baviera, che nel corso degli anni arrivò a fornire un terzo di tutte le entrate della Baviera. Fino alla metà del 1800 la weizenbier “regge” sul mercato: poi le consuetudini cambiano, i gusti pure e la politica anche. Tanto che nel 1856 la casa regnante cede i propri diritti birrari alla G. Schneider & Son. Dalla seconda metà del 1900 questo stile di birra ritorna in auge, tanto che ad oggi ci sono fra le 200 e le 250 fabbriche di birra nella sola Germania che producono più di 1.000 birre di questa tipologia.
Quali weizen bere?
Il mercato, anche quello italiano, è ben fornito di questi prodotti, non tutti di grandissimo livello, si deve purtroppo dire. Quasi tutte le più importanti brauerei propongono birre delle diverse tipologie di weizen: quelle scure (dunkelweizen, dunkel in tedesco vuol dire “scuro”) per l’uso di malti tostati, quelle leggermente dorate e opalescenti per la non filtratura del lievito (hefeweizen, “lievito di frumento”), e quelle più limpide (kristallweizen, “cristallo di grano”) e filtrate, da alcuni definite lo "champagne della Baviera". Le più appetibili? Senz’altro tutta la gamma della Schneider, a mio parere il top; birre spettacolari. Subito a ruota le birre della abbazia benedettina di Andechs, tutte molto corrette, alcune birre della Ayinger (per chi non ci fosse mai stato, consiglio vivamente la visita alla spettacolare sede di questa fabbrica con relativo albergo a 30 km. da Monaco), alcune birre della Hacker Pschorr, la Maisel (anche se mi ha un po’ deluso ultimamente), la Dunkel della Erdinger (lasciar perdere il resto), la hefe dunkel della Paulaner (anche la hefe è comunque passabile), la dunkel della Franziskaner (meno diffusa della hefe), la Munchener Kindl e la Schwarz weisse della Hofbrauhaus di Monaco (HB). Queste fra quelle che arrivano da noi: se uno si fa un bel giro in Germania poi trova esempi ancor più spettacolari; ma bisogna fare un giro certosino, quasi porta a porta.
Spettacolare, ma in questo caso più adatta all'autunno/inverno che all'estate, la variante definita weizenbock, weizen scure dalla più robusta gradazione alcolica: imperdibile la Aventinus della Schneider, capofila di questa categoria.
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